12 dicembre, 2005

Vittime e carnefici

Recentemente ho letto il controverso libro di Dan Brown, Il codice da Vinci. Il mio giudizio su quest’opera è globalmente negativo: mi pare che l’autore abbia dipanato l’intreccio in modo più macchinoso che avvincente. Reputo alquanto fiacchi molti dialoghi, ma soprattutto scadenti le parti descrittive che avrebbero dovuto evocare le atmosfere misteriose dei luoghi ove sono ambientate le vicende. I personaggi, poi, sono piatti, convenzionali, se si esclude il numerario dell’Opus Dei, Silas, che spicca per i suoi connotati sacralmente demoniaci. La regia televisiva del romanzo è solo in parte riscattata da qualche digressione sul Graal e su Maria Maddalena, dalle intriganti riflessioni circa alcuni capolavori leonardeschi.

Quello che mi sorprende non è tanto lo scalpore suscitato dal romanzo, le cui teorie sul Graal sono discutibili ma non del tutto infondate, almeno sul piano simbolico, piuttosto che i più feroci detrattori del Codice siano proprio coloro i quali incorrono negli stessi errori in cui è inciampato talora Dan Brown. Mi spiego: se degli storici avessero criticato l’opera, rilevandone inesattezze ed esagerazioni, sarebbe comprensibile. Non capisco, invece, come possano intellettuali e teologi cristiani scagliare strali velenosi contro lo scrittore statunitense, proprio loro che credono (o fingono di credere) in invenzioni rispetto alle quali la sbrigliata fantasia di Brown sembra rigore storiografico. Molti cattolici hanno affermato, con un misto di sicumera e di acrimonia, che Cristo era considerato Dio, prima che l’imperatore Costantino convocasse lo sciagurato concilio di Nicea nel 325. Si tratta di un’affermazione ridicola: Saul-Paolo ritiene che Cristo sia una figura soprannaturale, ma non eguale a Dio Padre. Infatti l’apostolo dei Gentili si riferisce a Giacomo come al fratello del Signore. Dio avrebbe allora oltre ad una Madre, anche un fratello? Giacomo sarebbe il fratello di Dio, come diceva Diego Abatantuono?

Non mi si porti l’esempio del Quarto vangelo per dimostrare l’identità tra il Figlio e il Padre: il Quarto vangelo è un libello gnostico che, per giunta, i teologi ortodossi non sanno interpretare.

Rincresce che studiosi intelligenti accettino i dogmi-frottole del credo niceno, un’accozzaglia di maldigerite e logore credenze pagane, a tal punto da imprigionare la loro mente, da spegnere la vivida fiamma della conoscenza per alimentare il fuoco fatuo della superstizione.

Inoltre la loro difesa d’ufficio dell’Opus Dei,(1) il cui fondatore dalla condotta per lo meno discutibile, fu canonizzato da Giovanni Paolo II, mi ricorda l’incomprensibile simpatia che, a volte, lega la vittima al carnefice.(2) Questi giornalisti cattolici, schiacciati, indottrinati, annichiliti dalla Chiesa e dalle sue ottuse gerarchie, combattono, lancia in resta, per i loro aguzzini, avallando, ad esempio, le bizzarre decisioni di un concilio voluto da un imperatore assassino, ambizioso e protervo.

Chi sono i peggiori torturatori, se non quelli che, come il Grande Fratello, in 1984 di Orwell, non si accontentano della sottomissione delle loro vittime, ma pretendono pure di essere amati e venerati?

Ora, tali intellettuali cattolici purtroppo amano e venerano il loro carnefice, un uomo nel cui nome Benedetto si nascondono le più maledette intenzioni.


Note

1) Tra l’altro l’Opus Dei, al centro di losche operazioni finanziarie, appartiene alla sinarchia, il governo occulto mondiale.

2) Una teologa seria come Adriana Zarri ha censurato l’avventata canonizzazione di Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei.

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