12 marzo, 2007

Il pensiero divergente

È noto che Giosuè Carducci fu circondato da molti discepoli: tra i suoi allievi, alcuni dei quali scrittori decorosi, solo uno, però, si può considerare un grande artista. Mi riferisco, è naturale, a Giovanni Pascoli. Che cosa consentì al poeta di San Mauro di Romagna di differenziarsi all’interno della cerchia carducciana e di assurgere ad una delle voci più autentiche, nonostante alcune cadute, della letteratura italiana? Egli riuscì ad assimilare il fecondo insegnamento del maestro, ma soprattutto a discostarsene.

L’allievo che supera il maestro è quello che lo tradisce, che ne abiura alcuni ammaestramenti. In caso contrario, ogni vero sviluppo sarebbe impossibile. Pascoli oltrepassò i confini della tradizione realista per inoltrarsi in territori pressoché inesplorati. Egli quindi innovò la sintassi, frantumandola, ed il lessico poetico per renderli gli strumenti atti ad evocare la visione di una realtà disgregata, in cui il particolare preciso, illusoriamente afferrato per un istante attraverso il termine che lo designa, si confonde in una dimensione sfuggente e misteriosa.

Gli esiti della poetica pascoliana, nonostante le premesse apparentemente realistiche, sono quindi nella direzione di una cultura simbolista, in cui l’oggetto diventa il precipitato di significati emblematici.
Pascoli è un esempio di pensatore divergente. Il pensiero divergente è la capacità di sfuggire ad una tradizione centripeta: è eresia, cioè, letteralmente scelta e ricerca di un nuovo percorso; è superamento di schemi concettuali, ancorché validi, ma pur sempre cogenti della creatività e della fantasia.

È ovvio che filosofi, scienziati ed artisti, la cui mente si espande oltre i limiti stabiliti dal Gotha dominante, sono prima derisi, poi combattuti strenuamente, poiché la novità mina pregiudizi ed interessi consolidati. Infine spesso, anche se a malincuore e tra mille distinguo, le acquisizioni dei novatori diventano patrimonio comune. Si pensi ai pittori manieristi dei quali si vituperarono le stravaganze nelle costruzioni prospettiche, nella composizione e nel cromatismo, ma rivalutati dalla critica. Si pensi a Giordano Bruno, arso sul rogo come eretico nel 1600, la cui filosofia, che postulava un’infinità di mondi, è stata recentemente riscoperta nei suoi valori più profondi e rivoluzionari, persino da ricercatori interessati alla fisica quantistica. Si ricordi Arthur Schopenauer: la sua luce fu offuscata da tre fulgide ma effimere meteore e poté risplendere solo dopo che quei corpi si allontanarono negli oscuri spazi siderali.(1) Si pensi a Nikola Tesla, l’inventore e scienziato serbo, ancora oggi valutato poco più che un eccentrico personaggio dagli sdegnosi barbogi del C.I.C.A.P., ma reputato dalle persone intelligenti un uomo di genio. Presto anche di Wilhelm Reich sarà compresa ed apprezzata l’importanza delle speculazioni e delle ricerche, soprattutto quando si capirà che tra ambito scientifico ed ambito umanistico, tra nuove scienze ed antico sapere esiste un’osmosi.

È inevitabile che questi “oltreuomini”, simili ad elettroni, che una forza incoercibile allontana dai loro orbitali, siano incompresi, anzi dileggiati ed ostacolati in ogni modo: anzi, quanto più sono osteggiati, tanto più essi valgono, perché, come notava Nietzsche, “I grandi uomini nascono postumi”.



(1) Considero comunque Schelling un filosofo di valore.

3 commenti:

  1. Spesso romanzi e film di fantascienza hanno anticipato o disvelato scenari futuri: mi viene in mente la pellicola Essi vivono di Carpenter, un allucinante spaccato di un mondo alieno nascosto dietro il velo. Svegliarsi, certo, prima che sia troppo tardi. Ciao Angelotta.

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  2. Mi spiace contraddire Angela ma il 'Beato' Giovanni XXIII non aveva il dono della profezia. Anzi detestava qualsiasi cosa avesse attinenza alla medesima tant'è vero che ebbe più di una volta l'occasione di sbeffeggiare in pubblico i cosiddetti 'profeti di sventura'. Purtroppo il suo orizzante intellettuale era assai limitato e non andava molto oltre la dottrina massonica ed il marxismo. Quando fu Nunzio Apostolico in Francia deteneva stretti e cordialissimi contatti con il Partito Comunista locale. Le cosiddette 'Profezie di Giovanni XXIII' furono una abile operazione editoriale messa in atto oltre trenta anni fa da un altro massone: lo scrittore Pier Carpi.
    Mi scuso per avere aperto una parentesi alla discussione.

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  3. Questi tempi finali sono tempi di falsi profeti... :)

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