14 agosto, 2007

Reise

"Reise" vale "viaggio" in tedesco. Il vocabolo si collega al verbo latino "orior" (infinito "oriri") che significa "sorgere", oltre che all'inglese "to rise", dallo stesso valore. In italiano - è metafora scontata - il viaggio spesso adombra la vita: le due parole, scherzo della lingua, condividono tre lettere. Spesso l'esistenza è interpretata come un percorso: si tratta di comprendere quale sia la direzione, ossia il senso, lato sensu. L’esistenza è poi soprattutto travaglio e "travel" in inglese vale viaggio: ancora una volta siamo vicini ad un valore odeporico, perché il viaggio e la vita sono spesso difficili, dolorosi.

Si può procedere, attraversando sempre nuovi luoghi, ma l'animo non muta, diceva colui. Un tempo si andava sempre sotto le medesime stelle e nuvole; oggi sotto le medesime scie, ad ogni latitudine e cambiano le regioni, ma non muta la disposizione interiore.

Come il tempo e lo spazio, però, anche il moto è un'illusione. Dopo aver battuto tante strade alla ricerca di non si sa nemmeno che cosa, dopo aver vagabondato tra mete e miti, si ritorna nel punto donde ci si era mossi. Tante energie profuse in questi viaggi, tanti incontri, città, memorie, esperienze, sogni... Che cosa rimane? Nulla. Perché questo fallimento, questa dispersione?

Forse perché non bisogna viaggiare in orizzontale, per così dire, ma prefiggersi un movimento verso l'alto, un'ascensione, un'elevazione. Non è forse un caso se il sostantivo tedesco “Reise” designa il viaggio nel senso di un movimento dal basso verso l'alto: viaggiare significa sorgere, come il sole che, dopo l'alba s'innalza nel cielo sino a splendere maestoso e solenne, quando è allo zenith.

Elevare l'anima oltre l'orizzonte terrestre, salire verso l'Empireo, lontano, sempre più lontano, dall'"atomo opaco del male", prima che sia troppo tardi.

L'etimologia talora ci soccorre, mentre ci aggiriamo nel dedalo demente del mondo.

3 commenti:

  1. C'entra e non c'entra, ma mi è piaciuta moltissimo questa riflessione di ignoto autore.

    "Ogni evento improvviso nella nostra vita, ogni disgrazia che ci sconvolge profondamente ci offre un’occasione per riflettere e per raccoglierci in noi. La sofferenza ci scuote dal nostro “vegetare” superficiale e ci conduce nel profondo del nostro essere, tocca quei punti della nostra anima in cui sono assopite le forze per condurre una vita più elevata. In questi momenti percepiamo gli impulsi dello Spirito, che altrimenti vengono soffocati dal frastuono delle nostre attività umane. Non dovremmo ignorare questo ammonimento di Dio che ci invita a riconoscere ciò che è essenziale nella vita. Dovremmo renderci conto che il senso della vita terrena non consiste nel vivere assaporando solo tutto ciò che la vita offre. La nostra vita terrena è infatti una scuola di vita, è un periodo di apprendimento che dovremmo far fruttare".

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  2. Clap clap clap... i miei più completi e sinceri applausi carissimo fratello Zret.

    Il pensiero espresso in questa pietra miliare di riflessione è forse lontano anni luce dal pensiero attuale che permea le menti e gli spiriti moderni.

    Ma.. ORA è stato scritto e rimarrà da qualche parte nella storia.. o nello spirito dell'uomo. LA coscienza collettiva è interconnessa e quello che tu pensi arriva sicuramente in contatto con tutti coloro in sintonia sulla frequenza.

    Io ti ascolto!!

    Un carissimo e fraterno abbraccio.

    # B O J S #

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  3. Restiamo sintonizzati, allora, Bojs e sodali tutti. Viaggiare significa elevarsi dal piattume del mondo consumistico e dozzinale.

    Ciao e grazie per l'elogio!

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