14 luglio, 2008

Fine e fini della scienza

Il presente testo sarà meglio compreso, almeno in alcune affermazioni apparentemente paradossali e provocatorie, se si leggeranno gli altri articoli di argomento epistemologico, nelle categorie Scienza e Scienza di frontiera.

E' ormai prossimo il collasso della scienza così come è intesa correntemente. Il metodo empirico, il rasoio di Ockham, l'approccio meramente quantitativo sono maestosi edifici percorsi da crepe profonde, foriere di rovinosi crolli.

Il nesso scienza-sistema, con i suoi fini ideologici di controllo e di falsificazione, è il macchinario che tiene in vita questa scienza comatosa. Se non fosse per questo, essa sarebbe ormai defunta.

In Bolivia è stata di recente scoperta un'impronta umana che potrebbe risalire a circa 15 milioni di anni or sono. Non si è sempre affermato che la culla dell'umanità era l'Africa australe dove - si suole ripetere - i primi ominidi comparvero 4 milioni di anni addietro? Bisognerà riscrivere la paleontologia e rivalutare chi sostiene che civiltà antidiluviane precedettero le culture mediorientali. Il darwinismo va in pezzi.

Intanto il principio dell'osservatore che influisce sul reale o addirittura ne plasma un particolare stato sembra dar ragione a Berkeley, il filosofo irlandese che, anticipando rivoluzionarie concezioni attuali, teorizzò un mondo proiettato dalla Mente. La proiezione, percepita come reale, è il risultato di un'attività formante: l'universo collassa nel momento in cui è percepito (Wheeler) La materia così, se da un lato si svuota di sostanzialità, illimpidendosi in diafano riflesso sulla superficie di un lago, dall'altro si anima dello spirito di chi la osserva. Quali saranno dunque i fini di questa nuova scienza, i cui bagliori perlacei sono simili a raggi antelucani?

Non solo scindere, misurare, quantificare, ma soprattutto ricongiungere, comprendere, oltrepassare il confine tra visibile ed invisibile, superare la dicotomia, tra la stasi apparente delle cose ed il loro cuore pulsante. La meta della scienza dell'aurora è il risveglio della coscienza, volta a cogliere il fenomeno come parte dell'essere, non come oggetto da scomporre. E' la tragica eredità delle lingue indoeuropee che, con la loro distinzione tra soggetto ed oggetto, si riverbera nel destino del sapere occidentale dai presocratici in poi, sebbene non in tutti i concetti dei filosofi ionici, si pensi all'ilozoismo: è un destino di distacco, di oggettivazione per conseguire un criterio di verità che è anche illusione. Chi, infatti, si interroga sul cosmo è parte integrante del cosmo. Dalla radice dell'essere si sviluppa il tronco, da cui si protendono i rami, ma i rami sono arti dell'albero.

Intanto la scienza cattedratica balbetta, diventa sistema autocontraddittorio, laddove la vita, la natura e la verità si sottraggono all'egemonia del potere. Così, per evitare che il fuoco del sapere bruci antichi pregiudizi e radicate menzogne pseudo-scientifiche, gli "esperti" si affannano a negare tutto ed il contrario di tutto.

Gli aspetti non-locali, sincronici, bollati come paranormale, sono ignorati o ricondotti ad allucinazioni, imbrogli, casualità. La medicina ufficiale è magnificata come panacea (“Sono stati compiuti passi da giganti nella medicina”: è questa la frusta, enfatica affermazione degli araldi del farmaco-veleno e della chirurgia taumaturgica).

La meteorologia, da quando si è manifestato il fenomeno delle scie chimiche, è stata declassata da disciplina sperimentale a pseudo-scienza, non attendibile e non molto dissimile, secondo il parere dei disinformatori, all'astrologia predittiva. Si cambiano le regole del gioco, mentre si gioca: i parametri, i valori non hanno più alcun valore. Ciò, però, non scaturisce da un diverso approccio metodologico, ma dalla ferrea, pervicace volontà di censurare. Questa scienza quantitativa che rifugge dalla statistica, poiché contraddice le sue asserzioni apodittiche, ma che ha trasformato il numero in idolo, cadrà sotto il peso delle sue incongruenze, delle sue menzogne. Sempre più simile ad un corpus di dogmi, codesta scienza-religione non può rinnovarsi, ma soltanto morire, come i culti politeisti dell'antichità.

E' necessaria una discontinuità, una frattura anzi, rispetto al paradigma precedente: la scienza deve essere vivificata da un afflato etico. Occorre rinunciare al concetto della cosa inerte e riscoprire l'elan vital anche nella materia "inanimata". E' opportuno ritrovare le correlazioni: "Questa attenzione simultanea all'interiorità ed all'opera esteriore comporta un'idea ed un'esperienza dell'universo in cui i sincronismi vengono in primo piano, mentre il rapporto di causa ed effetto recede sullo sfondo. Un oggetto è funzione del contemplante, imponderabili nessi si stringono nella sincronicità del loro rapporto; questa mentalità alchemica torna, nella meccanica quantistica, a dominare dopo un plurisecolare esilio". (E. Zolla)

Ecco che allora l'astronomia si palesa come isterilimento dell'astrologia, la chimica come regresso rispetto all'alchimia, con il metodo sperimentale che è adottato da chi non ha alcuna esperienza di sé e del mondo. L'alba di una nuova scienza, affrancata da paralogismi e logiche di potere, da formule e da forme vuote, dovrà essere, però, il preludio di un'altra Weltanschauung, non confinata in una torre d'avorio, ma condivisa tra i cercatori della verità. Dovrà sgorgare oltre che da un'esigenza morale di denuncia dei danni che le applicazioni scientifiche distorte generano, anche da un anelito verso un'utopia possibile di una Terra rinnovellata e fecondata dalla sorgente della sapienza.

Articolo correlato:

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4 commenti:

  1. Tu dici: 'la Scienza deve essere vivificata da un afflato etico'.
    Ahimè, non basta. L'Etica non è che un sistema proteiforme di convenzioni, sistema che riflette il periodo storico in cui vengono formulate le norme che ne costituiscono l'ossatura.
    Niente di più opinabile e cadùco dell'Etica.

    Bisogna invece compiere una azione ben più radicale e rivoluzionaria nell'accedere ai principi metafisici che sottendono e reggono la realtà fenomenica.
    Una volta raggiunti quelli, ogni norma etica ne discenderà in maniera pressochè automatica.

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  2. Impresa ardua, caro Paolo. Certo l'etica è storicamente determinata, ma si radica in fondamenti essenziali. Una scienza senza coscienza è perversione, diceva Tesla.

    Ciao

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  3. Concordo in quasi tutto quello che dici. Non male anche il recente articolo di M. Blondet: ' Ma vi interessa il bosone di Higgs?'. La risposta suona ovviamete: 'No'.
    Quell'articolo non fa che confermare quanto scrivi e che avevamo capito ormai da un sacco di tempo e che cioè la Scienza ufficiale è vergognosamente solidale al sistema. Questo foraggia senza ritegno alcuno gli apostoli di tale Scienza - i vari Rubbia, Levi-Montalcini, Veronesi e compagnia bella -. Coccolati, vezzeggiati, premiati e soprattutto inondati con fiumi di denaro.

    Il sistema deve ovviamente salvaguardare ed inculcare nella gente la sua falsa visione del mondo. E con tutti i mezzi di cui dispone ci riesce alla grande.

    Riguardo al futuro della Scienza, non quella attuale ma quella vera basata sulla Conoscenza dei principi, non saprei dire quasi nulla. Guénon afferma chiaramente che la materia visibile, tangibile che cade sotto i nostri sensi corporei è destinata a sparire alla fine del ciclo. In pratica essa dovrebbe come sublimarsi, spiritualizzarsi ( non tutta ovviamente ma solo una parte di essa ). Ciò posto non saprei nemmeno dire se i futuri abitatori di questo nuovo mondo fatto di sostanze sottili avrà bisogno di una qualche forma di Scienza empirica, sperimentale.

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  4. Ciao Paolo, non credo che il futuro avrà bisogno di una scienza empirica e quantitativa.

    Mi pare che molti non abbiano capito che i vari esperimenti del C.E.R.N. hanno obiettivi strategici più che speculativi. D'altronde la "ricerca" è diretta dai militari e da "politici" spregiudicati.

    Ciao e grazie.

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