01 marzo, 2009

La scienza ellenistica e la scemenza attuale: qualche nota

L'età ellenistica conobbe un'incredibile fioritura culturale e scientifica. Alcuni, considerando le invenzioni ed i risultati teorici di figure come Archimede di Siracusa, Eratostene di Cirene, Aristarco di Samo, Erone di Alessandria, Ipparco di Nicea... si dolgono poiché ritengono che, se la scienza alessandrina fosse stata maggiormente valorizzata dai sovrani, se si fossero intuite le potenzialità di certe scoperte, il movimento del "progresso" sarebbe stato più celere ed oggi la nostra civiltà sarebbe più "avanzata". I limiti al "progresso" furono costituiti dall'assenza di esperimenti organizzati (solo con grande difficoltà, per esempio, veniva permessa dai Lagidi la dissezione dei cadaveri), dall'abbondanza di manodopera servile che rendeva superflui molti macchinari, ma soprattutto da una forma mentis incline a privilegiare la speculazione rispetto all'applicazione pratica. Mi chiedo in quale spaventosa realtà ci troveremmo oggi, se il ritmo delle scienze alessandrine, non avesse subito un rallentamento ed un'interruzione nei secoli successivi.

Così la tecnologia del periodo ellenistico si arenò, eccezion fatta per le macchine da guerra che furono inventate o perfezionate affinché aumentasse il loro potere distruttivo. E' sintomatico: scienza e tecnologia sono strade che conducono, prima o dopo, alla morte. Sovrani, capi di stato, generali vedono nella ricerca soltanto uno strumento per accrescere il loro potere e per stabilire la loro egemonia. Per questa ragione Magat sentenziò: "Bisogna ammettere che tutta la scienza è maledetta". La scienza, in quanto "scissione", è diabolica: "diaballein", infatti, in greco vale "dividere". E' diabolica anche in senso più lato. Essa quindi nasce e si sviluppa sotto il segno della separazione. Questo non significa condannare in toto le discipline empiriche, ma riconoscere che, da quando il mondo è mondo, tali indirizzi purtroppo vengono facilmente strumentalizzati, diventando armi a doppio taglio. Uno dei due tagli, però, è quasi del tutto privo di filo. Oltre alla scienza, (quella vera, non l'aborto del C.I.C.A.P.), non si può e non si deve trascurare il contributo del Sapere tradizionale che, non di rado, ha anticipato acquisizioni scientifiche e non è scevro di addentellati con altri ambiti di conoscenza. Esiste altresì non solo un'area di convergenza tra le diverse forme di sapere, ma un punto in cui la conoscenza si trasfigura e si eleva in una dimensione superiore: solo pochi "spiriti magni" nel passato riuscirono ad ascendere verso vette eccelse, donde il loro sguardo penetrante potè spaziare su orizzonti incogniti, suggestivi.

Oggi, però, assistiamo ad uno spettacolo inverecondo di "scienziati" degeneri riciclatisi come disinformatori d'accatto, come "esperti" da salotto televisivo. Ripetono luoghi comuni mal compresi, farfugliano spiegazioni sull'onnipresente "effetto serra", cianciano in conferenze il cui unico scopo è vendere cianfrusaglie e libracci. Oggi è impossibile affrontare un discorso sul metodo o sull'episteme, semplicemente perché la scienza non esiste più, essendosi mutata in propaganda, in azione di censura, in dogma. E' una mutazione genetica che ha partorito un mostro.

Oggi possiamo soltanto ammirare quegli uomini che si stupivano di fronte alla natura e per i quali l'investigazione del mondo era un'avventura entusiasmante, preludio, a volte, per un itinerario superiore. I geni conobbero la precisione e l'estro, l’analisi e l’intuizione, considerando la prima come la sosta nel pronao prima di accedere nei penetrali del tempio. "Scienza occidentale" e Conoscenza simbolica sono sfere qualitativamente diverse, ma non agli antipodi. Non mancano, però, punti di attrito, anche perché la luce raziocinante della "scienza occidentale" è invasa dalle tenebre molto più di quanto si possa immaginare.

Comunque il futuro, un futuro forse ideale, appartiene al superamento, ad un percorso che dall’intelligenza concreta si diriga verso mete più alte.



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