15 giugno, 2010

La garrula "scienza"

"Esistono due storie: la storia ufficiale, bugiarda, e la storia segreta che è vergognosa". (H. de Balzac)

Non ha alcun significato un termine cominciante per "c": questo vocabolo, cui i ciarlatani ricorrono con intento dispregiativo, non è attestato in nessun buon dizionario della lingua italiana. Talora è adoperato anche dai ricercatori indipendenti (o sedicenti tali) con coperti fini di scherno. In verità, il sostantivo incriminato nasce o da una precisa volontà di ghettizzare gli storici seri o da un radicale fraintendimento: ormai raramente si investigano cospirazioni, ma si mettono a nudo gli eventi, portando alla luce le loro radici.

La volgare propaganda contro la verità vilipende lo stesso Lorenzo Valla. L'umanista, nel De falso credito et ementita Constantini donatione, dimostrò che la cosiddetta donazione di Costantino era un documento spurio vergato dalla cancelleria pontificia nel secolo VIII. Oggi il dottissimo Valla sarebbe bollato come "c...a". Con lui, riceverebbero l'insultante epiteto tutti gli storiografi che hanno svelato verità scomode: l'elenco sarebbe non breve.

Siamo seri: coloro che si fregiano del titolo di "storici" sono o panegiristi o, nella migliore delle ipotesi, cronisti che si limitano ad affastellare gli avvenimenti, senza riuscire né ad interpretarli né a collocarli in una linea diacronica o in un quadro sincronico. E' come se, la mente, ricevuti dei segnali "esterni", non riuscisse ad organizzarli in forme, colori, prospettiva, percependo solo un'accozzaglia incomprensibile.

Del tutto capzioso è il solito mantra degli pseudo-scienziati che invocano i "fatti" e l'"oggettività", allorquando si affrontano argomenti disparati. In primo luogo, non si può asserire con Nietzsche che "i fatti non esistono, poiché esistono solo le interpretazioni": è vero, però, che il "fatto assoluto" è un concetto limite e che la sua osservazione [1] tende a sfumarne i contorni. Inoltre chi insiste in modo ossessivo sui "fatti" e sull'"oggettività" è ancora impantanato in un frusto ed infruttuoso positivismo di stampo ottocentesco: tra l'altro, paradossalmente, proprio i propugnatori della "verità effettuale", gli araldi del metodo "scientifico" sono i primi che, mancando di criteri precisi e per ignoranza, ignorano i "fatti", confondendo teorie con dati, ambiti empirici con sfere concettuali, linguaggio con referente etc. Ne risulta un calderone dove, alla fine, gli unici "argomenti" addotti sono l'insulto e la calunnia... Una garrula scienza.

Ancora una scienza (anche la scienza storica) basata su dicotomie inconciliabili non è scienza: se si può accettare che i dualismi, pragmaticamente utili, si radichino nel "senso comune", è inammissibile che forzate antitesi spezzino la ricerca più avanzata. Queste contrapposizioni possono valere in alcuni contesti, ma, quando ci si addentra in discorsi di più alto livello, si rivelano strumenti inidonei.

Ora, quando l'attaccamento ai "fatti" non denota pochezza intellettuale, è solo un alibi per evitare di sfiorare temi scabrosi e di scoprire certi altarini. Basterebbe grattare via un po' di vernice e se ne scoprirebbero delle... brutte. Non è la serietà il vero movente di chi afferma di volersi attenere ai "dati incontrovertibili" ed alle "fonti accreditate", ma la viltà o il bieco opportunismo. Chi, a parole, rifiuta le "teorie" (sic) in nome dei "fatti" assodati, oltre a misconoscere il significato e la portata di ambedue, rinuncia ad inquadrare gli avvenimenti in un disegno complessivo, simile ad un collezionista di schede telefoniche, motivato solo da un impulso incoercibile a raccogliere oggetti perfettamente inutili.

Non è in atto alcuna congiura: miliardi di persone muoiono di fame, di sete e di malattie, mentre una minoranza dell'umanità vive nella più vergognosa e sfacciata opulenza. La storia umana è una lunghissima scia di sangue. Il pianeta viene deliberatamente avvelenato. Una feccia di satanisti domina i governi che, succubi e scodinzolanti, obbediscono ad ordini criminali. I ricercatori veri prendono atto di ciò, invece di imbellettare la realtà con discorsi speciosi. Inoltre cercano di comprendere le ragioni delle ingiustizie e della violenza. E' forse questo studio della cospirazione o piuttosto denuncia di delitti e ricerca della verità?

Le
scie tossiche sono forse una cospirazione? No, solo lì, nude e crude, per tutti i gusti. Vero è che gli indagatori tentano di comprendere gli scopi ed inseriscono le analisi in una Weltanschauung, ma questo non significa che gli accadimenti debbano essere interpretati secondo orizzonti predefiniti. Ognuno cercherà di collegarli e di proiettarli su uno scenario adatto. La capacità critica risiede qui, nell'abitudine a vagliare, a confrontare, a riflettere, cercando di cogliere la sinopia delle circostanze di distinguere il vero dal falso: si eviterà sia di accogliere le versioni ufficiali sia di abbracciare elucubrazioni troppo eccentriche. Il “credere” o “non credere” saranno banditi, sostituiti dall’indagine e dall’osservazione. Occorre equilibrio ed il fine non è stabilire una verità assoluta, ma avvicinarsi il più possibile al cuore dei problemi e ad una possibile risoluzione.

Certo è, che se si resta appiccicati a pregiudizi scientisti o ai preconcetti del non-senso comune, è meglio non ostentare indipendenza di giudizio. Se, esibendosi in investigazioni "coraggiose", si inciampa nel pressapochismo linguistico e nelle chiacchiere da bar, peculiari di Attivissimo e dei suoi fans, è meglio tacere. Non abbiamo bisogno di
divulg-attori sblendorizzati e, se vogliamo ascoltare dei luoghi comuni, conversiamo con la casalinga di Voghera che magari è pure più sveglia di tanti "intellettuali".


[1] Benché generalmente sia travisato o semplificato, mutatis mutandis, il discorso sulla compenetrazione tra soggetto ed oggetto, tra osservatore ed osservato, trova, nella fisica quantistica, con l'indeterminazione di alcuni parametri, una corrispondenza con princìpi peculiari della Philosophia perennis in cui la separazione netta tra interno ed esterno, microcosmo e macrocosmo, perde valore ed aderenza.

Articolo correlato: C. Penna, Una catastrofe accidentale?, 2010



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