29 giugno, 2010

L'utopia democratica in Popper

Nel saggio “La società aperta ed i suoi nemici”, il filosofo austriaco Karl Popper esamina i concetti di totalitarismo e di democrazia. Egli intende focalizzare l'irriducibile antitesi tra una società organizzata, secondo rigide norme di comportamento e fondata su un controllo soffocante della collettività, ed una società basata sulla tutela della libertà dei cittadini, mediante istituzioni democratiche perfettibili, aperte alla critica razionale ed a proposte di riforma. La posizione anti-totalitaria del pensatore si concreta in una dottrina della democrazia, secondo cui questa forma di governo è funzionale non solo quando il potere appartiene al popolo (alla maggioranza), ma anche se i governati hanno la possibilità di licenziare i governanti, mediante sistemi strategici come le elezioni (sic) e senza ricorrere alla violenza.

Popper si domanda non tanto chi debba esercitare il potere, ma "come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo che i governanti cattivi o incompetenti non causino troppi danni." La riflessione politica dell'autore si incardina poi su altri principi: una costituzione democratica deve escludere il tipo di cambiamento che può mettere a repentaglio il suo intrinseco carattere; in una democrazia l'integrale protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che trasgrediscono la legge e che incitano al rovesciamento violento dello stato; la democrazia è suscettibile di miglioramenti attraverso le riforme.

Quanto delineato dal filosofo pare essere più la descrizione delle apparenze democratiche che un'analisi del sistema. In verità, benché le riflessioni svolte da Popper (qui compendiate) siano nel complesso condivisibili, si avvertono la sconvolgente superficialità e la banalità del discorso. Egli, infatti, scambia per democrazia i regimi che, nella migliore delle ipotesi, sono di stampo plutocratico e, cieco di fronte alla struttura degli apparati, si limita ad avallare l'esistente, le entità pseudo-democratiche. E' come se si scambiasse un edificio di cartapesta usato in una scenografia teatrale, per un edificio vero e proprio, persuasi di potervi abitare.

Vero è che rispetto agli esecutivi totalitari che Popper ha in mente (il
regime nazionalsocialista e quello stalinista), le istituzioni occidentali sembrano volte a sancire e valorizzare alcuni diritti, ma questa è solo una vernice, poiché lo stato "democratico" è tirannico, sebbene sub specie libertatis, almeno quanto i vituperati sistemi affermatisi tra le due guerre. Espressione della più sfacciata ipocrisia, la compagine "democratica" schiaccia i cittadini in nome dell'eguaglianza, li irretisce in una vischiosa ragnatela di leggi, norme, regole, codicilli... La legge - Popper sembra non accorgersene, disconoscendo l'arma a doppio taglio del sistema giuridico - è lo strumento con cui lo stato strazia i deboli e legittima i delitti dei potenti, sempre impuniti. La legge (stabilita e promulgata secondo la volontà di potenza di un'oligarchia nascosta) si incarna nella giustizia delle corti, tribunali dell'inquisizione più feroce, e nelle carceri, luoghi di tortura in cui languono per lo più gli innocenti o ladri di polli.

L'intervento del potere nella vita dei cittadini, giustamente deplorato da Popper, se diventa eccessivo (ma dov'è situato il confine tra misura e dismisura?), accresce fatalmente l'influsso dello stato sul singolo sino a stritolarlo. In fondo, tutto quell'assurdo groviglio di spine normative che dilania il cittadino artigiano o piccolo imprenditore, lungi dall'avere meri fini di accertamento e prelievo fiscale, è concepito come vero supplizio psicologico, a base di scadenze, di controlli, di sanzioni, di processi.

Attualmente lo stato "democratico", con i pretesti più vari, sta partorendo una serie infinita di disposizioni fino a punire i "reati" di opinione. Il dissenso, la critica, l'opposizione non sono ammessi. Certo, gli apparati dei paesi occidentali, di solito, non ricorrono alla coercizione, ma a metodi più raffinati ed obliqui per imporre il loro dominio. Tuttavia bisogna convincersi che “stato democratico” è un ossimoro, una contraddizione in termini. Nessuno stato, quale manifestazione di un'oppressione legalizzata e, per così dire, "costituzionale", può essere democratico.

L'errore di Popper (e di molti altri), frutto di una visione allucinata ed utopica, risiede almeno nell'ingenuità della sua disamina, nell'ignoranza totale delle vere forze che determinano gli sviluppi storico-politici, nella fiducia in riforme che sono stravolgimenti, nella concezione orizzontale dei fenomeni diacronici e sincronici.

Avverte l'autore: "Se allentiamo la nostra vigilanza e se non rafforziamo le nostre istituzioni democratiche nel momento stesso in cui conferiamo maggior potere allo stato mediante la pianificazione interventista, possiamo perdere la nostra libertà e, se la libertà è perduta, tutto è perduto."

Purtroppo la tanto decantata libertà era già perduta quando Popper scriveva, poiché essa era ed oggi sempre più è solo lo slogan del dispotismo dal volto "umano".



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8 commenti:

  1. Karl Popper era di razza ebraica e, detto questo, è detto quasi tutto.
    Il nucleo di idee che tale filosofo (?) cerca di promuovere deriva proprio dal 'mindset' che ha creato il mondo attuale, 'mindset' squisitamente ebraico.

    Vedute talmente 'politically correct' hanno sollecitato veri brividi di piacere lungo la schiena di tutti gli intellettuali laici ed ovviamente cattolici. Le vedute di Popper relative ai regimi democratici suonano come una dolce musica alle orecchie di simile gentaglia.

    E d'altronde ogni regime, democratico o totalitario che sia, si regge sui suoi miti, sul proprio corteo di illusioni ed i regimi attuali sedicenti democratici e liberali fanno ancor meno eccezione di quelli del passato.

    Infinitamente meglio Vilfredo Pareto di Karl Popper. Il Pareto almeno non amava le foglie di fico e le fumisterie in uso presso i regimi democratici.
    Il sociologo italo-svizzero puntava alla vera natura delle cose e riconosceva nelle oligarchie i veri centri di potere che governano gli Stati sia moderni che di un tempo.

    Oligarchie che fanno credere alla gente comune quello che vogliono e glielo fanno credere in modo tale che l'uomo della strada sia convinto di poter pensare e di avere quindi delle idee.

    Magia del controllo mentale portata alla massima sofisticazione proprio nei tempi attuali.

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  2. E' come scrivi, Paolo. Popper è solo il rauco corifeo del sistema borghese-plutocratico-arcontico, non a caso idolatrato dall'Intellighenzia snob, tra cui spicca (si fa per dire) l'egoico Eco.

    In verità, Popper descrive l'esistente e lo giustifica con l'armamentario retorico tipico degli "intellettuali" organici al potere, non molto dissimile da quello di un politico di stampo democristiano o post-democristiano.

    A mio parere, ancora più implacabile della denuncia dei poteri forti per opera di Pareto, è l'esecrazione dei vari sistemi socialisti, liberali e riformisti rintracciabile in Nietzsche che, ironia della storia, è stato considerato profeta del nazismo.

    Il sistema tout court non può essere né migliorato né riformato, ma solo negato alle radici.

    Ciao e grazie.

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  3. Purtroppo il regime, sia esso totalitario o democratico, è gestito da uomini. Ogni forma di governo nasce con le migliori intenzioni e muore lentamente sopraffatta dal cancro dell'avidità delle persone che occupano ruoli di potere.
    Per avere un regime perfetto ci vorrebbero uomini perfetti, questo è il punto, il problema è la natura umana.
    I poteri forti avranno sempre gioco facile con ogni forma di governo.

    Tornando all'argomento del post vedo un limite alle varie scuole di pensiero filosofiche, è stata introdotta una nuova variabile che rende obsolete le varie teorie: la grande rimbambitrice, la televisione. Prima della metà dello scorso secolo l'impatto mediatico sulle democrazie e sui regimi non era nemmeno ipotizzabile.
    Non servono chip sotto pelle, bastano all'interno di scatole nei salotti e il gioco è fatto. Un popolo anestetizzato che non spinge la propria mente oltre ai limiti e ai ragionamenti dettati dalla rimbambitrice.
    Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

    Cordialmente
    Ciacco

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  4. Ciacco, esprimi un convincimento che è anche il mio. Sostenni in un articolo, di cui ora non ricordo il titolo, che questa tara ineliminabile, la connessione tra istituzioni ed uomini, vanifica qualsiasi progetto di rinnovamento politico-sociale.

    Aggiungiamo il diabolico influsso degli Arconti ed il quadro diventa ancora più disperato ed avvilente.

    Adorno comprese il ruolo distruttivo dei mass media, nell'ambito di quella che definì, con grande benevolenza, "industria culturale", perché di culturale non ha quasi nulla. Certo, la televisione allora era ancora poco influente, ma il filosofo tedesco intuì quali danni irreparabili avrebbe provocato la confluenza delle arti e della letteratura nell'ambito massificato e consumistico della società post-capitalista.

    Ciao e grazie.

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  5. S'è detto più volte nel corso degli anni che l'Italia è in mano ad una decina di famiglie, le quali fanno il bello ed il cattivo tempo qualunque sia il clan di partiti al potere.

    Ora hanno avuto il coraggio di aumentare anche il pedaggio autostradale. Evidentemente non si accontentano di guadagnare forse qualcosa in meno o al limite di mantenere stabili i guadagni degli anni scorsi, data la crisi.
    Le oligarchie di potere intendono addirittura incrementare i profitti.

    Ed il Governo che fa? Nulla, assolutamente nulla.
    Rimedi ad una situazione tanto adulterata non ne esistono. O meglio: il rimedio esiste e consiste nell'annientamento finale ed apocalittico ,forse assai imminente, di un mondo arrivato alla feccia.

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  6. Paolo, solo una palingenesi ci potrà salvare, ma a quale prezzo?

    Il lordume dei governi è innominabile.

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  7. Una delle parole magiche del sistema democratico - e Popper, da buon corifeo del medesimo l'ha ben compreso - è il sostantivo 'riforme'.
    Parola che in bocca ad un politico assume connotazioni magiche.
    Chissà cosa vorranno mai intendere con simile termine che sento ripetere in continuazione da quando, negli Anni Cinquanta, ho imparato ad intendere l'Italiano.

    Le riforme non esistono se non come concetto astratto in un mondo ideale che nulla ha a che spartire con questa crassa realtà. Le 'riforme' cui pensano i politici consistono in continui ed inarrestabili peggioramenti di una situazione preesistente di sicuro più vivibile di quella che andrà ad instaurarsi una volta che esse siano state emanate.

    Fumo negli occhi, specchietti per le allodole, vergognosi pretesti per consolidare e mantenere indefinitamente il loro potere su un gregge fatto purtroppo di sciocchi.Ecco la vera essenza delle 'riforme' cui si riferisce il sistema.

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  8. Paolo, sottoscrivo ogni grafema del tuo artigliato commento.

    Ciao e grazie.

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