31 gennaio, 2011

I Merovingi tra storia e leggenda

Il maestro di palazzo, Pipino il Breve, dopo essersi imposto sul fratello Carlomanno che costrinse nel 747 a rinchiudersi nel monastero di Montecassino, sebbene alcune fonti menzionino un volontario ritiro di Carlomanno dalla vita politica, chiese a papa Zaccaria se il trono spettasse a chi di fatto deteneva il potere o al re merovingio, sovrano di diritto, ma privo di reale autorità. Il pontefice rispose che il titolo regio doveva essere detenuto da chi effettivamente governava. Così Pipino si risolse a deporre l’ultimo re merovingio, Childerico III, cui fu tagliata la lunga chioma.

A Soissons, nel corso di una solenne cerimonia, il vescovo di Magonza, Bonifacio, unse con olio benedetto il nuovo re, secondo un rituale biblico risalente ai tempi di Saul e David. [1] Il rito assurgeva a potente simbolo, poiché rappresentava una consacrazione divina che legittimava la dinastia usurpatrice dei Pipinidi, poi Carolingi. Il papa aveva le sue buone ragioni, per sostenere i Pipinidi, in primis la necessità di trovare un contrappeso ai Longobardi che, in Italia, miravano ad assoggettare i territori del Patrimonium Petri.

Tuttavia l’accordo tra il vescovo di Roma e Pipino nasconde qualcos’altro… forse la necessità di delegittimare una dinastia sui generis, a vantaggio di una Chiesa che affermava, in dispregio di ogni fondamento storico ed evangelico, di essere stata fondata da Cristo.

Tralasciamo pure le ricostruzioni fantasiose di certi scrittori e consideriamo i pochi dati tra storia e leggenda che è possibile ricondurre ad uno scenario eterodosso: Gregorio di Tours nella Historia Francorum e lo pseudo-Fredegario ci forniscono alcuni curiosi indizi.

Il primo, nella sua opera, scrive a proposito dei Franchi: "Emersero nell'antica tradizione nazirea per diventare i re pescatori dai lunghi capelli". Egli inoltre ricorda che, dopo la morte di Faramondo, occorsa nel 428, gli sarebbe succeduto il figlio, Clodione il Capelluto (Clodion le Chevelu), reputato dal vescovo di Tours il primo re del popolo germanico in oggetto.

Nella cronaca di Fredegario si legge che i Franchi Sicambri invasero la Gallia e che Argotta, figlia di Genobaude, sposò Faramondo, re pescatore, nipote di Boaz, discendente del figlio di Giosuè. Dalla loro unione nacque Clodione, padre di Meroveo. La dinastia prende il nome proprio da Meroveo, generale franco che combatté a fianco dell'Impero romano contro gli Unni di Attila nel 451, ai Campi Cataulaunici. Secondo un racconto medievale, Meroveo era figlio di due padri. La madre, infatti, già fecondata, sarebbe stata violata da un mostro marino. Per tale motivo nelle vene di Meroveo scorreva non solo il sangue del vero genitore, ma anche quello della creatura marina. Tutto questo potrebbe avere un significato simbolico ed indicare che i Franchi si erano uniti con una stirpe che proveniva d'oltremare, a meno che…

Tale ipotesi sembra suffragata dal nome stesso Meroveo, contenente una base che allude al mare o comunque all’acqua. Infatti nelle lingue indoeuropee nord occidentali la radice “mar” significa “laguna”, “palude” “specchio d’acqua” e per analogia “mare”.

Che veramente i Franchi Sicambri discendessero dagli Ebrei è congettura tutta da verificare, attraverso indagini storiche e genetiche: il particolare dei capelli lunghi accomuna i re merovingi ai Nazirei, ma è un collegamento molto tenue e non è sufficiente per avvalorare l’origine israelitica dei Sicambri, derivazione da loro millantata probabilmente per confermare il loro rango di re semidivini, in quanto successori del Messia di David. I capelli fluenti sugli omeri caratterizzavano i consacrati a Dio: la chioma intonsa era sede di una particolare energia. I capelli sin sulle spalle erano, per così dire, raggi da cui si sprigionava una forza soprannaturale. Le vicende di Sansone – che fu, però, secondo lo storico Garbini, eroe solare indo-germanico e non ebreo – sono istruttive a tale proposito.

Che i re definiti in modo ignominioso “fannulloni” fossero dei taumaturghi è dubbio. Nondimeno è sospetta la nonchalance con cui la Chiesa di Roma si affrettò a convalidare l’usurpazione merovingia, come è inquietante lo sterminio di quasi tutti gli eredi della dinastia. Uno degli ultimi discendenti fu Guglielmo di Gellone (morto nell’anno 812), eroe della Chanson de geste che, per alcuni studiosi, edificò la chiesa di Rennes-le-Château nel IX sec. Con Rennes-le-Château lo scenario si allarga alla Francia pirenaica, mentre il cenno di Gregorio di Tours ai “re pescatori” ci introduce nel mondo meraviglioso del Graal e forse ci porta in Oriente dove, stando a certuni ricercatori, si trovava la città del “re pescatore”, Edessa, centro legato alla leggenda del re Abgar che, colpito dalla lebbra, guarì grazie ad un’effigie rappresentante Cristo.

Alcune sparse tessere del mosaico merovingio sono state raccolte: è necessario trovarne molte altre e provare a delineare il disegno.

[1] Pare che i re ebrei fossero unti con grasso di coccodrillo.




APOCALISSI ALIENE: il libro

28 gennaio, 2011

Corpus hominis

Il corpo: come considerarlo? La duplicità, che non è necessariamente dualismo, implica un movimento di attrazione-repulsione. Forse le anime, come sostengono alcune tradizioni, furono attratte dalla materia in cui restarono imprigionate: il corpo diventa un sarcofago da cui l’anima anela disperatamente a liberarsi, di vita in vita. È una caduta per concupiscenza, poiché le anime desiderano esperire, attraverso i sensi, il mondo della densità. L’attrazione per la materia, una volta conosciuto il suo destino di disfacimento, si inverte in ripulsa, ma ormai è tardi. Troppo tardi.

Le correnti gnostiche, di cui alcuni princìpi confluirono nei sistemi dei Bogomili e dei Catari, enfatizzando la differenza tra Spirito e materia, negano ogni possibile conciliazione. E’ tragicamente ironico che il persecutore degli Albigesi, Innocenzo III, nel De contemptu mundi, mostrò una visione del soma e delle sue ribrezzose impurità non dissimile da quella dai Buoni uomini.

E’ necessario il corpo per maturare dei vissuti? La seduzione della conoscenza lato sensu ebbe il sopravvento: fu la rovina. Le voluttà dei sensi sono più inebrianti del piacere della sfera intelligibile, ma il loro scotto è alto, ossia scendere in una dimensione dove, ad un breve periodo di vigoria, subentra una fase di progressivo, irreversibile decadimento.

Duplicità, si diceva: da un lato l’organismo si rivela un “congegno” strabiliante nella sua complessità ed efficienza, dall’altro è un involucro fatiscente. Suscita ammirazione uno strumento come la mano, con le sue articolazioni, le sue possibilità di afferrare gli oggetti e di manipolarli, eppure…

“Un tronco che soffre”: così definì il corpo Giacomo Leopardi con potente, disperata immagine.

Forse è un’astuzia della natura che perpetua ciecamente sé stessa attraverso gli organismi caduchi delle diverse specie: esisterà pure un disegno, ma ce ne sfuggono i connotati più profondi. Era necessario questo addensamento o fu il risultato di uno scarto ontologico? Anche l'avatar discende, ma poi risale; per i comuni mortali l’anabasi è ardua, quasi impossibile.

L’Orfismo, nella tradizione occidentale, palesò un atteggiamento anti-ilico, recepito poi da filosofi come Platone. Un pensiero anti-cosmico si può reputare una radicalizzazione di quella tendenza. Il sentiero dualistico conduce verso il rifiuto del mondo e diventa nichilismo, se, annichilita la natura, non resta nient’altro. Se, infatti, oltre la materia, sia pure una materia sottile, non si estende una dimensione non-fisica, la liberazione dalla schiavitù ilica è oblio, puro nulla. E’ una posizione estrema, agli antipodi di visioni che celebrano il corpo nella sua sensorialità, nella sua prestanza, almeno finché dura: dacché sottentra la senescenza, piena di magagne, il corpo si tramuta in una tomba cui ci aggrappiamo solo per un’irrazionale Wille. Allora il non-essere appare meno spaventoso di un supplizio senza speranza, di un’agonia lacerante.

Il rigetto del corpo si discosta dalla sua stessa mortificazione, poiché movimenti come quello dei Flagellanti umiliano la carne, come pungolo del peccato, non in quanto degradazione. Nel Cristianesimo paolino al corpus Christi è associato il mistero dell’Incarnazione: occorre incarnarsi per redimere, attraverso lo strazio delle membra sulla croce. La sofferenza del corpo (ente del patimento sino alla follia) si sublima nella salvezza, ma la retorica del sacrificio e del sangue è dietro l'angolo. I docetisti non erano d’accordo con tale interpretazione che sfociò nella teofagia con cui il Cristianesimo ci richiama i culti dionisiaci.

L’etimologia ci aiuta ad inquadrare uno scorcio del tema: soma-sema (corpo-sepolcro), dicevano gli Orfici con significativa paronomasia. In inglese “corpse”, dal latino “corpus”, vale “cadavere”: è possibile concludere così, anche se in modo inconcludente.

APOCALISSI ALIENE: il libro


25 gennaio, 2011

Avvistamento di un U.F.O. a Ventimiglia il 15 gennaio 2011

Un amico mi ha segnalato un avvistamento risalente al giorno 15 gennaio 2011. Il giovane, L., si trovava, alle ore 16:20, insieme con la fidanzata, a Ventimiglia nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, quando l’attenzione della ragazza è stata attratta da ciò che riteneva fosse un paracadute. L. ha allora rivolto lo sguardo in alto, accorgendosi che non si trattava di un paracadute, ma di un oggetto di colore bianco, dai riflessi giallognoli e di forma oblunga, quasi assimilabile ad un sigaro. L’ordigno, che è rimasto immobile per alcuni minuti al di sopra delle colline che fiancheggiano a nord la cittadina di frontiera, sembrava ruotare ed avere delle luci alle estremità.

Al testimone è sembrato che l’U.F.O. fosse come avvolto da una bolla d’aria tremolante e che due antenne si dipartissero dal centro del velivolo, rispettivamente dalla parte inferiore e superiore. Il misterioso aeromobile è stato scorto pure da due guardie giurate. L’aspetto notevole dell’episodio è il movimento dell’oggetto che, dopo essere rimasto sospeso, è sceso di quota, tracciando una zeta. All’improvviso l’U.F.O. è scomparso. Erano le 16:35.

Purtroppo L. non ha potuto immortalare l’U.F.O. poiché il suo telefono cellulare, un vecchio modello, non consente di realizzare scatti.

Eventuali altri testimoni sono invitati a riferire le loro esperienze per aggiungere altri particolari dell’osservazione.

L. è disposto ad essere intervistato da un esperto. Gli ufologi interessati ad approfondire il caso possono scrivere al seguente indirizzo: avalon.22atvirgilio. it



APOCALISSI ALIENE: il libro

20 gennaio, 2011

Finestre

Il treno corre nella voragine stigia della notte. Laggiù si accendono finestre, fuochi di Sant’Elmo. Quali esistenze si agitano, simili a fuscelli nella bufera, là dentro, oltre quei muri ciechi? Esistenze bruciate da fiamme di dolore o risucchiate nel vuoto dell’abitudine, attorno a focolari catodici, al freddo calore di una cena consumata tra gabbie di sguardi indifferenti e sordi rancori.

Esistenze logorate dall’attesa, macerate nell’amarezza, mentre la vita è altrove, di là dalle confortevoli tombe di ferro e cemento in cui siamo sepolti.

Intanto altri fuochi fatui baluginano nel cimitero delle metropoli. E’ inutile scrutare tra i viali deserti dove gli alberi picchiano, con dita nodose, sul vetro del silenzio. E’ inutile inseguire il cono di fari che si spengono nell’angolo delle strade.

Brandelli di vento pendono dagli stenditoi di grigi caseggiati.

La vita è altrove: ne giunge appena un barlume da una crepa che fende la buia cupola del cielo.


APOCALISSI ALIENE: il libro

16 gennaio, 2011

Ateismo

Pensa. Ne sei capace. Soprattutto non devi fuggire nel sonno – dimenticare i particolari – ignorare i problemi – costruire barriere fra te ed il cosmo e le allegre ragazze brillanti – ti prego, pensa, svegliati. Credi in qualche forza benefica al di fuori del tuo io limitato. Signore, signore, signore, dove sei? Ho bisogno di credere in te, nell’amore e nell’umanità… (Sylvia Plath, Diari)

Sono note le giustificazioni dei credenti e le motivazioni degli atei. Sarebbe forse auspicabile andare oltre per evitare di ripetere che la bellezza e l’armonia del cosmo, le mirabili creazioni della Natura dichiarano l’esistenza di Dio. Di converso, additare il dolore che lacera la vita e strazia questo mondo al contrario di per sé non bilancia gli argomenti a favore della presenza dell’Eterno.

Così siamo nella condizione dell’asino di Buridano: non possiamo decidere per l’una o l’altra possibilità, giacché le argomentazioni a favore e quelle contro sembrano elidersi a vicenda. Quasi sempre si pensa a Dio come all’Essere perfettissimo: allora l’imperfezione, indiscutibile dato del mondo, da dove proviene?

In verità, sia la presenza di Dio sia la sua assenza abitano nel centro del nostro essere. Sono racchiuse nell’attimo che contiene l’abisso dell’eternità. Siamo infiniti nella nostra pietosa finitezza. In quell’istante di solenne silenzio, di vuoto che contiene tutto, noi percepiamo l’Assoluto ed il Nulla, come i volti di Giano bifronte. In quel silenzio è custodita la verità indicibile, la paradossale intuizione: nell’inferno rovente della sofferenza possiamo avvertire il refrigerio dell’Eterno, nel caos rintracciare una filigrana e nell’assurdo un senso. Talvolta nella disperazione si incontra un sorriso o una tacita empatia.

Per questo motivo a Dio non ci si accosta con la ragione, meno che mai con il calcolo, poiché il calcolo non torna mai, ma solo con la ricerca estenuante di una direzione, consci, però, che questa ricerca potrebbe essere come il cammino di un uomo smarritosi nel deserto. Egli crede di dirigersi verso l’oasi che ha intravisto in lontananza, ma si muove in cerchio e, alla fine, torna nel punto donde è partito. Il miraggio è sempre in agguato.

Anche in quei rarissimi, eccezionali casi in cui l’esplorazione del senso, che è poi spesso una gragnola di domande, approda ad una pur parziale meta, chi potrà tradurre quella fulminea, fugace illuminazione in un discorso su Dio? Le parole sono miseri balbettii e la più grandiosa elaborazione teologica, biblica o extra-biblica che sia, è uno iota lillipuziano. La teologia trova il suo habitat nelle università. Osi un erudito disquisire di teodicea al cospetto di clochards mezzo ibernati e miserabili. Questi sventurati, costretti a dormire in un portico, avvolti in coperte bucate, le darebbero di santa ragione al teologo! Chi potrebbe biasimarli? In certi luoghi né la scienza né la filosofia attecchiscono facilmente. Alla Coscienza è assegnato l’arduo compito di sentire, se ci riesce, non all’intelletto.

Meglio dunque tacere: ad ognuno il suo universo, la traballante passerella da cui gettare uno sguardo nella voragine del buio.

Ad ognuno la sua parte, di apertura o di chiusura o di entrambe. Il peso dell’irrazionalità è un macigno che schiaccia, ma il peso di un senso che sfida ogni logica ed ogni spiegazione non è meno gravoso né meno difficile da sopportare: si è obbligati a costruire ed a ricostruire la vita, istante dopo istante, mentre il tempo e l’entropia la inceneriscono senza pietà.

La fatica di Sisifo è, al confronto, una rilassante passeggiata.

15 gennaio, 2011

Avvistate gigantesche astronavi nell’orbita di Plutone?

La “Nezavisimaya Gazeta” riporta una notizia “ai confini della realtà” le cui fonti devono essere verificate: secondo il S.E.T.I., alcuni enormi oggetti attualmente oltre l’orbita di Plutone sarebbero delle astronavi extraterrestri che, nei prossimi anni, potrebbero attaccare la Terra. Di primo acchito, il tutto parrebbe il risultato di sensazionalismo giornalistico, eppure questi tempi di ferro sono percorsi da inquietanti segnali, premonizioni: sono solcati da eventi che, fino a poco tempo fa, appartenevano solo alle sceneggiature televisive e cinematografiche più sbrigliate. Così la possibilità di un’intrusione aliena, forse sotto forma olografica come attuazione del "Progetto Bluebeam", non si può escludere. Inoltre il riferimento a H.A.A.R.P. nell’articolo che abbiamo tradotto, si incastra in quella che abbiamo definito “la guerra segreta”. Davvero lunare nel testo, il cenno a presunti rapimenti su Selene, ma che la 'dark side of the Moon' nasconda oscuri segreti è noto.

E’ assai arduo immaginare gli orizzonti futuri, poiché le variabili in gioco sono numerose ed in quanto gli avvenimenti gettano ombre imponderabili. Lo scacchiere cosmico è labirintico. Tuttavia, con o senza invasioni, si ha l’impressione che il guado decisivo non sia tanto lontano. Pochi lo attraverseranno indenni e molti annegheranno? Plausibile.

Scrive Angelo Ciccarella nello studio “La radice della realtà”, 2010 (X Times, n. 27): “Il punto di svolta previsto per il 2012 non può essere concepito se non come il punto di incontro tra l’Universo pervenuto al limite di centrazione ed un altro Centro ancora più profondo”. Così si prospetta una svolta che trascende le “semplici” dinamiche storiche per investire il cuore della realtà, la cui essenza vera ci sfugge, ma che pulsa sotto la campitura uniforme dei fenomeni.

Coloro che si affannano a nascondere i cambiamenti in atto (molti sono terribili prove), abbarbicati disperatamente ad un mondo che si sta sgretolando, sghignazzano di fronte a scenari che bollano come assurdi, pazzeschi. Ci insegna, però, Eraclito l’oscuro che “la verità è inverosimile”: è inverosimile sino a quando non ci sbattiamo il naso contro.

[...] Il S.E.T.I. (Search for extraterrestrial intelligence), un'organizzazione indipendente e non commerciale, ha rilasciato una dichiarazione sensazionale. Tre astronavi giganti si starebbero dirigendo verso la Terra. La più grande di loro è di 240 kilometri di larghezza. Attualmente gli oggetti sono oltre l'orbita di Plutone.

Le astronavi sono state rilevate dal sistema di ricerca H.A.A.R.P. Il sistema, con base in Alaska, è stato progettato per studiare il fenomeno delle aurore boreali. Secondo i ricercatori del S.E.T.I., gli oggetti sono astronavi extraterrestri. Esse saranno visibili con i telescopi ottici, non appena avranno raggiunto l'orbita di Marte. Il governo statunitense è stato informato dell'evento. Le navi saranno in prossimità della Terra nel dicembre 2012.

La data del presunto contatto con la civiltà dello spazio porta in primo piano i pensieri sul calendario Maya che termina il 21 dicembre 2012. E' solo una coincidenza? Molto probabilmente i ricercatori S.E.T.I. hanno scambiato il loro desiderio per realtà: cinquanta anni di costante monitoraggio dello spazio non hanno prodotto alcun risultato. (Questo non è vero, n.d.t. Si legga l'articolo Dalla Terra al cosmo) [...]

Si dice che gli Statunitensi abbiano classificato moltissime informazioni sulle scoperte concernenti la Luna. Nel 1988, un importante funzionario cinese, esponente del programma spaziale della sua nazione, presentò le immagini di impronte umane sulla superficie selenica. Il funzionario dichiarò di aver ricevuto le informazioni da una fonte affidabile ed accusò gli Statunitensi di occultare questi rapporti. Le foto portano la data dal 3 agosto 1969 - due settimane dopo che Armstrong ed Aldrin scesero sulla superficie del satellite, il 20 luglio 1969. Pertanto i materiali della missione lunare sono stati studiati e classificati dalla N.A.S.A.

Il 15 marzo 2009, il “New York Times” pubblicò un'altra sensazionale indiscrezione. Lo stesso funzionario cinese, Mao Kan, ha rivelato di aver ottenuto 1.000 fotografie segrete della N.A.S.A.: gli scatti ritraggono non solo le impronte umane, ma anche una carcassa umana sulla superficie della Luna. Alcune delle ossa della carcassa sono sparse, ha affermato il funzionario. Il cadavere dell'uomo deve essere stato lasciato cadere sulla Luna da una navicella aliena, mentre gli extraterrestri hanno preso alcuni campioni di tessuto per la loro ricerca.

Le foto sono state scattate da una sonda lunare. L’atmosfera molto rarefatta permette di catturare i minimi particolari dall'orbita lunare. Le foto della carcassa sono molto chiare.

Il Dr Ken Johnston, ex direttore del Controllo foto e dati del N.A.S.A. Lunar receiving laboratory, ha asserito che gli astronauti statunitensi hanno trovato e fotografato rovine antiche di una città che sorgeva sulla Luna. Presumibilmente i cosmonauti avevano visto grandi macchinari sconosciuti sulla Luna. I dati sono stati classificati dal governo di Washington.

È tutto questo solo disinformazione o è una fantastica verità? Riusciremo mai a saperlo?

Fonte: Nezavisimaya Gazeta

Letto su
Pravda.ru


APOCALISSI ALIENE: il libro


13 gennaio, 2011

Impero

Absit iniuria verbis.

“Impero. Viaggio nell'Impero di Roma seguendo una moneta” è la nuova fatica di Alberto Angela. Nel libro il presentatore di veline televisive, spacciate con infinita improntitudine per programmi culturali, riciclatosi come divulgatore for dummies, ci catapulta, con un emozionante viaggio nel passato, addirittura nell’età imperiale, con la geniale trovata di seguire le avventure di un sesterzio che passa di mano in mano, dal postribolo al foro, dalle terme alla bottega… In questo modo il rampante rampollo di cotanto genitore (talis water talis filius) crede di catturare i lettori, forse con la patetica ambizione di scimmiottare l’indirizzo annalistico alla Braudel. La storia è dimensione quotidiana, colloquio con gli uomini e le donne comuni, i loro problemi ed aspirazioni, una tranche de vie.

Peccato che di saggi come questo siano già strapiene le biblioteche. A poco o a niente serve che Angela, improvvisatosi cicerone da sentenza classica pronunciata con inflessione trasteverina, ci ammanisca questo obeso “Bignami” (500 pagine) noioso fino alla morte e che non aggiunge un fico secco a quanto già ripete da tempo immemorabile l’incartapecorita storiografia ufficiale, anche quando crede di coprire le rughe con un po’ di trucco.

Scrive il dilettante di Storia romana: “Tutto è il frutto di un lavoro di ricerca su stele tombali, iscrizioni e testi antichi. Allo stesso modo, pressoché tutte le battute che sentirete pronunciare da tali personaggi sono 'originali': provengono infatti dalle opere di famosi autori latini come Marziale, Ovidio o Giovenale. E tappa dopo tappa, scoprendo il 'dietro le quinte' (sic) dell'Impero, ci accorgeremo di quanto il mondo dei romani, la prima grande globalizzazione della storia, fosse in fondo molto simile al nostro (sic)."

La spigolatura di fonti mal comprese ed ancora peggio introdotte è definita “ricerca”. Transeat. Che colui, però, riproduca in questo bleso guazzabuglio gli insopportabili solecismi e barbarismi con cui massacra impunemente la lingua italiana nel corso delle sue becere trasmissioni, è indegno. Già nella presentazione del testo, ci tocca subire “romani” usato come sostantivo con la minuscola, secondo un malvezzo tanto diffuso quanto errato, per poi ingollare i cacofonici francesismi “con dei, per dei, in dei…”

Sulle baggianate di cui straripa questo libraccio è meglio stendere un velo pietoso, anzi un bel velarium.

D’altronde se Alberto Angela non è ancora andato ad ingrossare la ciurma dei disinformatori, significa che è ancora più malmesso di loro e che, almeno fino a quando non sarà necessario, potrà continuare a scrivere scartafacci per un pubblico di deficienti e per alunni come "Trota".

Rassegniamoci. Il quadro attuale è questo: la banalità e l’ignoranza tirano. Il mercato editoriale sforna i romanzi d’appendicite di Umberto Eco, le lagne pseudo-ambientaliste di Luca Mercalli, i libri per bambini stupidi, tra cui, appunto, “Impero”. Ci mancano solo le figure dai contorni spessi, da colorare con le matite, ed il testo sarà perfetto.


APOCALISSI ALIENE: il libro



11 gennaio, 2011

Esperienza

“L’esperienza è maestra”, si suole ripetere. Invero, i bambini imparano a non avvicinare la mano ad una fiamma, dopo che si sono scottati e poco altro. Se consideriamo la storia dell’umanità, ci accorgiamo che non abbiamo continuato a ripetere gli stessi errori, ma che abbiamo compiuto sbagli via via più gravi: così, dietro il sipario del progresso scientifico e tecnologico, l’uomo è ancora “quello della pietra e della fionda”.

Il discorso vale per molti di noi: dopo essere incorsi in errori di ogni tipo, ricadiamo nelle consuete trappole. Noncuranza, superficialità, egoismo ci spingono verso i soliti comportamenti, come la limatura di ferro è attratta dal magnete. Vero è che la dimenticanza è a volte vitale a tal punto che è necessario disimparare dalle esperienze: come potremmo convivere con l’acerbo rincrescimento per certe decisioni avventate? Il rammarico può diventare un’ipoteca sul futuro, paralizzando la volontà per paura di sbagliare di nuovo.

Tuttavia è triste constatare come, con il passare del tempo, rimuoviamo quei vissuti che potrebbero essere un orientamento o, per lo meno, un monito: abbiamo sofferto le pene dell’inferno e ci irritiamo per un contrarietà. Siamo stati scorticati dal
dolore fisico e morale e ci esulceriamo l’animo per una bazzecola. Siamo bambini: non siamo cresciuti e la stessa “civiltà” è ferma ad uno stadio infantile.

Eppure basterebbe poco per essere felici. No. Infastiditi da quisquilie, sembra che il nostro scopo sia rovinare quei rari istanti di spensieratezza concessici da un destino avaro ed arcigno. Così, se non precipitiamo nel baratro della disperazione, ci incagliamo nelle secche della noia, del disgusto. Qualcosa non quadra nell’uomo, in senso ontologico. Siamo appagati solo se ci tormentiamo: una spina di masochismo è piantata nel fianco.

Se gettiamo lo sguardo all’umanità attuale, vediamo che l’incapacità di apprendere dagli errori è assoluta: sprovveduti almeno quanto superbi, gli omuncoli ignorano gli ammaestramenti del passato.

Persino gli anziani, dimentichi di terribili carestie, scialacquano. Pur avendo vissuto la guerra, con aria attediata, gettano uno sguardo fuggevole alle
atroci carneficine che, tra una donna popputa ed un attore dallo sguardo tenebroso, la televisione ci mostra.

Quando verrà il nostro turno, dimostreremo di aver appreso solo ad essere quello che, nel bene e nel male, siamo sempre stati.

Buoni proponimenti? L’ultimo errore è solo il primo di un’altra lunghissima serie.

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10 gennaio, 2011

"X Times" n. 27 in edicola

Sarà presto in edicola il numero 27 di "X Times", la rivista diretta da Lavinia Pallotta.

In questo numero, tra i vari interessanti articoli, si potrà leggere un resoconto circa la manifestazione contro le scie chimiche, evento tenutosi a Roma il giorno 20 novembre 2010, un dirompente dossier sulle basi militari, una ricerca concernente degli incontri ravvicinati durante la Guerra civile spagnola. Di particolare rilievo lo studio di Angelo Ciccarella, intitolato "La radice della realtà".

Leggi qui l'editoriale della direttrice.



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09 gennaio, 2011

Appunti sull'Idealismo di ieri e di oggi (terza parte)

Leggi qui la seconda parte.

L’esperimento di Libet rischia di causare il crollo delle concezioni idealiste e neo-idealiste. Benjamin Libet è stato un fisiologo noto segnatamente per aver ideato un test in cui si voleva osservare la relazione tra azione pre-cosciente e decisione volontaria. I risultati ottenuti dal suo esperimento sembrerebbero dimostrare che il libero arbitrio non esiste.

Infatti colui che monitora il nostro cervello attraverso un sistema a scansione è in grado di sapere prima di noi ciò che noi decideremo circa mezzo secondo dopo, perché qualcuno o qualcosa, là tra i meandri dei neuroni appartenenti all’encefalo, sembra averlo pre-stabilito. Stando ai risultati di tale esperienza, l’uomo può solo decidere ciò che è già stato deciso da un quid che agisce prima che si esplichi la volizione.

E’ ovvio che l’esperimento di Libet non ha carattere conclusivo: è solo un piccolo contributo nello sforzo di lumeggiare una questione assai ostica e che si può riassumere nel dualismo tra libertà e predestinazione, tema che tanto assillò intere generazioni di teologi e di filosofi tesi a cercare di conciliare l’inconciliabile: la Provvidenza e la responsabilità umana, la “fortuna” e la “virtù” (Machiavelli), magari attribuendo in modo del tutto soggettivo delle percentuali di forza all’una o all’altra. Fortuna 50 per cento, virtù idem oppure fortuna 30 e virtù 70… Ognuno si inventa la sua percentuale, secondo il capriccio del momento: l’importante è assegnare al destino le sventure e le sconfitte, alle proprie decisioni i successi e la prosperità. Una visione molto profonda ed obiettiva!

L’uomo rinuncerebbe alla felicità, ma mai al convincimento di essere faber fortunae suae (Appio Claudio Cieco), artefice della propria sorte. Questa cieca fiducia, distintiva soprattutto della cultura occidentale, è alla base della fede dei “nuovi credenti”: non solo la libertà ci consente di operare delle scelte, ma essa si rafforza a tal punto da plasmare, almeno in una certa misura, la realtà. Anzi, la realtà stessa si assottiglia, si svuota per diventare un contenitore dell’io.

Si ripete così che siamo co-creatori: il pensiero umano contribuisce a determinare lo sviluppo degli eventi, a modellare le sembianze del flusso fenomenico. Come ciò avvenga, non è molto chiaro, ma di solito ci si appella al potere dell’intenzione, alla focalizzazione sull’obiettivo, alla legge dell’attrazione: sono tutti concetti di notevole complessità filosofica che, nei libri di improvvisati guru e di scalcinati, ma scaltri maestri, diventano formulette da applicare nella pausa post-prandium.

Purtroppo tutti questi concetti, depauperati e sovente strumentalizzati a fini commerciali, non sono indagati nelle loro valenze filosofiche. Per di più sono mischiati con ingredienti di “darwinismo cosmico e psicologico” che riassumerei nel modo seguente: l’universo duale è emanato da una Coscienza che per acquisire coscienza di sé (?) (o Conoscenza?) deve evolvere. Per evolvere è necessario che sia posto un ostacolo (il Male o qualcosa di affine: qui si nota una somiglianza con l’Idealismo di Fichte che concepiva il Non-Io, la natura come impedimento situato dall’Io, per affermare sé stesso e la sua libertà). Gli uomini sono parte della Coscienza e, attraverso esperienze oppositive diluite in diverse vite, alla fine acquisiranno la piena coscienza e la conoscenza superiore. Siamo dei. Se non lo siamo, lo diventeremo.



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08 gennaio, 2011

Genesi biblica (prima parte)

“Genesi biblica. Evoluzione o creazione? Caino è la chiave del mistero”, Belluno, 2007, è un singolare saggio scritto da don Guido Bortoluzzi (1907-1991). Ad esser precisi, l’opera ambisce a presentarsi come una rivelazione ricevuta da don Guido, intemerata e schietta figura di sacerdote nato a Farra d’Alpago (Belluno): infatti il Signore avrebbe comunicato al parroco, per mezzo di visioni, la verità sulle origini del genere umano a spiegazione ed integrazione del Genesi. Corre l’obbligo di non ignorare questo titolo, benché non sia imperniato su una mera ricerca, considerato l’interesse dei temi trattati e le pur parziali convergenze con recenti indagini genetiche, paleontologiche e storico-archeologiche.

Vediamo di riassumere le singolari tesi del libro. Dio creò il primo Uomo puro e perfetto. Il “peccato originale” fu un rapporto procreativo avuto da Adamo con una specie inferiore che don Guido chiama “ancestri”. Il frutto di tale trasgressione, compiuta solo da Adamo, non da Eva, fu un’ibridazione della specie umana perfetta. La prima Donna era perfetta ed innocente perché bambina quando fu commesso il peccato originale. Il marchio che rendeva riconoscibile Caino, rampollo misto di Adamo, era la parola, l’unico segno umano percettibile. L’ibridazione della specie umana, discendente da Caino, provocò una corruzione delle successive generazioni a tal punto che gli ibridi assunsero i caratteri di ominidi. Tuttavia ripetuti interventi rigeneratori di Dio portarono l’uomo alla sua rievoluzione fino ad essere in grado, nella pienezza dei tempi, di accogliere la Redenzione. Va puntualizzato che Eva apparteneva alla specie inferiore degli ancestri: ella non fu la vera moglie di Adamo, ma una partner occasionale in una copula non lecita, da cui nacque Caino, laddove la prima Donna che al tempo del peccato aveva solo un paio d’anni e che, crescendo, diventò la sposa legittima del Capostipite, fu completamente estranea a qualsiasi colpa. Ecco perché la tradizione ebraica menziona due mogli del Protoplasta: Lilith (Eva) che generò mostri e diavoli (ibridi) ed una consorte, la Donna che diede alla luce, gli uomini, i Figli di Dio. Costoro si invaghirono delle figlie degli uomini, i mescolati, sicché, unitisi a quelle donne, la specie pura risultò inquinata.

Eva, femmina ancestre, era bianca di pelle e glabra: fu creata da Dio come esemplare unico. Ella partorì la Bambina, ossia la futura sposa dell’Archegete. La Bambina fu “tratta dalla costola di Adamo”, cioè dal suo seme, mentre egli era sprofondato nel sonno: Dio creò nella matrice di Eva “un gamete perfetto della specie dei Figli di Dio che, unendosi al gamete del Progenitore, diede vita alla prima cellula della bellissima Neonata”.

Se ho ben interpretato il complesso quadro delineato dall’autore, Eva fu usata come ospite per generare la Donna, come ponte tra una specie di ominidi e la specie umana.

Centrale è in questa ricostruzione, la simbologia dei due alberi citati nel Genesi: stando allo scrittore,
l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male è la linea genetica (il philon) degli ancestri rappresentata dalla femmina Eva: fu albero del Bene "quando per volontà di Dio era stato conosciuto da Adamo nel sonno e fu concepita la Bambina; divenne albero del Male, quando Adamo ebbe con Eva un rapporto di conoscenza sessuale al di fuori del progetto di Dio.” In tale esegesi, Eva ed il Serpente, animale metafora dell’ancestre fattrice, coincidono.

Come giudicare l’interpretazione di “Genesi biblica”? Si sarebbe tentati di liquidare il tutto come un insieme di idee fantasiose, soprattutto perché disancorate dal
testo biblico di cui sembrano una rielaborazione. Tuttavia i contenuti del saggio sono altrettanti spunti per tentare di gettare un po’ di luce su una materia intricatissima, in cui confluiscono scienze ed approcci disparati.

Aveva ragione Edgar Allan Poe che, nel racconto “La lettera rubata”, ci spinge a riflettere su come ciò che è davanti agli occhi è spesso invisibile. Rileggiamo la Bibbia: noteremo che, sebbene Elohim abbia proibito ai Protoplasti di nutrirsi del frutto che cresce sull’albero della Conoscenza, Eva mangia il pomo dell’albero della Vita al centro del giardino! Quale violazione ella, che comunque fraintende il divieto, commise, se Elohim aveva vietato di mangiare il frutto di un’altra pianta, frutto che Eva, obbedendo alla prescrizione divina, non gustò?

Bisogna qui ricordare che, per quanto mi consta, è stato Alessandro De Angelis, a cogliere l’incongruenza biblica, la confusione tra i due alberi.

I passi biblici, di seguito riportati, dimostrano quanto evidenziato.

“Dio piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato. Dio fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. […] Dio poi ordinò all'uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché, nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai».

[…] Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio aveva fatti. Esso disse alla donna: «Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?» La donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: "Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete"». Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che, nel giorno in cui ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».

La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei ed egli ne mangiò”.




APOCALISSI ALIENE: il libro



07 gennaio, 2011

Cromlech


Le più belle poesie si scrivono sopra le pietre, coi ginocchi piagati e le menti aguzzate dal silenzio. (A. Merini)

Ossa di giganti, antichi abitatori di una terra incognita, flagellata dai venti glauchi dell’oceano. Sono lì confitte nell’orizzonte, chiostra solenne nella notte su cui piove la grandine delle stelle: tracce di mondi perduti dove l’eco degli eoni corre tra i ciuffi di eriche e gli anfratti delle scogliere.

Come voci acuminate intagliano il profilo di brughiere solitarie. Sono coti donde si sprigionano le scintille della pioggia.

Forse allora il tempo era immobile, impietrito nello stupore di un mondo aurorale. Dall’alto il firmamento riversava cascate di luce che subito si cristallizzavano e la Via Lattea cingeva in un radioso abbraccio il silenzio.

Oggi, se ci aggiriamo tra questi monoliti, custodi di segreti per sempre suggellati, se penetriamo nel santuario del passato, tra ombre di druidi salmodianti, le nostre vane parole si stremano ad interrogare il buio, solcato appena da vene esangui.



APOCALISSI ALIENE: il libro



01 gennaio, 2011

Cara carne

A.C. Grayling, nella silloge di elzeviri “La ragione delle cose”, dedica una riflessione alla carne. Nell’articolo intitolato appunto “Carne”, annota: “I costi del consumo alimentare di carne sono immensi. Le argomentazioni contro di esso sono, ciascuna a suo modo, persuasive e, prese nell’insieme, stringenti. Ragioni di natura economica sottolineano come mezzo ettaro di terra usato per l’allevamento di bestiame produca di che nutrire due persone, contro le venti se la stessa superficie viene coltivata a frumento. Altre motivazioni si concentrano su ragioni igieniche, affermando che la carne è piena di grassi e di batteri e (se non proviene da allevamenti biologici) anche di antibiotici, ormoni della crescita e vaccini. L’argomento più valido di tutti è quello di natura morale che condanna l’abbattimento (sic) di creature dotate di sensibilità solo in nome del nostro piacere, quando non ci sarebbe alcun bisogno di farlo per vivere bene e saggiamente. Sarebbe opportuno prendere sul serio la motivazione igienico-sanitaria. Noi non mangiamo carne fresca, ma carogne; la carne fresca, infatti, sarebbe troppo dura per via del rigor mortis ed è solo una volta cominciati i processi di decomposizione che la carne diventa abbastanza morbida per essere cucinata e mangiata…. I microbi sono i grandi amici del carnivoro: senza di loro, non ci sarebbero bistecche tenere, arrosti succulenti e costolette gustose… Quando le proteine di una carogna vanno incontro al processo di caseificazione è perché entra in scena Piophila casei. … I batteri, che in dieci ore si moltiplicano da cento a cento milioni, consumano tutto. Ebbene: essi sono presenti nelle stesse quantità sulla carne che prepariamo in cucina.”

L’autore ritiene che, se le considerazioni di natura sanitaria ci suggeriscono misure prudenziali, un’onesta riflessione sulle sofferenze che sono inflitte agli animali allevati per essere uccisi nei mattatoi, dovrebbe suscitare una ripugnanza ben maggiore del racconto sui micro-organismi.

Eppure, nonostante tutti questi ragionamenti, il consumo di carne è all’ordine del giorno, soprattutto nel mondo occidentale, abituato a laute imbandigioni. A ciò concorrono diversi fattori, non ultimo un aspetto culturale: l’allevamento del bestiame ad usi alimentari risale alla preistoria. Nelle culture antiche il bue o il montone ingrassati e macellati non sono solo nutrimenti degli uomini, ma anche offerta per gli dei. Le religioni del Libro sono, pur così differenti tra loro, concordi nella valorizzazione del sacrificio animale: anche se – come ci rammentano alcuni interpreti - Elohim creò Adamo ed Eva vegetariani e che tali furono gli Habiru per alcune generazioni, alla fine l’olocausto diventò la forma di immolazione per eccellenza presso gli Israeliti. Cristiani ed Islamici celebrano festività in cui… si fa allegramente la festa ad agnelli e capretti. Vero è che i Nazirei, ossia i Cristiani delle origini, erano vegetariani, probabilmente più per motivi rituali che etici, ma tale regola, pur seguita ed anzi caldeggiata da molti Padri della Chiesa dei primi secoli, passò poi in cavalleria.

Lo stesso Shaul-Paolo (o chi per lui) pur così vicino cronologicamente ai Nazirei, nelle sue "Lettere", piene di prescrizioni, consigli, moniti, considerazioni morali e teologiche… non accenna neppure al precetto proto-evangelico del vegetarianismo. Il concetto di sacrificio di Cristo, vittima innocente del Sinedrio, secondo l’esegesi dominante, rischia di avallare, per metonimia e con la forza del simbolo espiatorio, il sacrificio degli animali.

D’altronde nell’Antico Testamento YHWH mostra una particolare predilezione per le bestie immolate, per l’odore della carne cotta, effluvio che si eleva dall’ara. In Genesi 8, 20-21, si legge: “Noè eresse un altare al Signore, prese di tutti gli animali puri e di tutti gli uccelli puri e li offrì in olocausto sull’altare. Il signore odorò quella soave fragranza e disse: ‘Io non maledirò più la Terra’”.

Chi, come Mario Biglino, è convinto che i significati letterali sono alla radice del testo biblico, scorge nell’attrazione di YHWH per l’olezzo della carne sul fuoco, il ricordo di avventure spaziali. YHWH intese riassaporare un antico aroma?

Abitudine cruenta e crudele, il consumo di carne è, piaccia o no, un ingrediente della cultura che molte religioni hanno contribuito a diffondere. Furono, infatti, soprattutto i sacerdoti a promuovere i sacrifici degli animali: agli dei si offriva il fumo che esalava dalle carni ben cucinate; agli officianti erano riservati i tagli più opimi, saporiti e succulenti. Al popolo, che assisteva al rito, si lasciavano le parti meno pregiate.

L’idea di Agnus Dei, come si diceva, è stata in parte all’origine di una retorica della sofferenza di cui hanno pagato il fio gli animali. Questa retorica non è estranea alla religione ebraica. Eppure in Genesi si legge: "Ecco vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra ed ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il vostro cibo"… "Non dovreste mangiare la carne, con la sua vita, che è il sangue". Abitudini sacrificali furono accolte anche nella fede musulmana. Terribili carneficine, in particolari ricorrenze, lo testimoniano, quantunque il Profeta fosse vegetariano. Maometto affermò con saggezza: "Chi è buono verso le creature di Dio è buono verso sé stesso". In seguito si assisté alla solita distorsione, non si sa quanto accidentale, degli insegnamenti originari.

I buongustai asseriscono che le carni sono molto gradevoli al palato: in verità sono più che altro le erbe aromatiche, gli intingoli e la spezie a conferire gusto alle pietanze carnee. Vero è che le macellerie sono luoghi che esprimono la tradizione di un paese: Italo Calvino in una pagina di “Palomar”, la raccolta di testi in bilico tra descrizione in stile “école du regard” e filosofia, inquadra il banco di una macelleria, indugiando con occhio avido ed indagatore sui vari tagli in bella mostra sul banco: di ogni taglio deliba ascendenze culturali ed usi gastronomici. Inoltre il rosso delle carni, che risalta grazie al verde del prezzemolo, è spettacolo piacevole; lo spettacolo di un macello, con le carcasse grondanti sangue, lo è un po’ meno. L’artista irlandese Francis Bacon fu a tal punto ossessionato da queste truculente immagini di squartamenti da tradurre la sua pittura in un “teatro della crudeltà”.

Se il “peccato originale” è un concetto polivalente e se ha una sua ragion d’essere, credo che si potrebbe considerare pure come la decisione (obtorto collo?) per opera degli uomini di nutrirsi con la carne degli animali. Non riesco ad immaginare un Adam perfetto che alleva pecore e capre per poi sgozzarle.

Senza dubbio anche gli erbaggi ed i frutti, di cui si nutrono vegetariani e vegani, soffrono quando sono sradicati, tagliati, cotti, ma non siamo stati noi a creare una natura in cui la vita si alimenta della morte. Inoltre la sensibilità delle piante è inferiore a quella delle bestie. In modo consequenziale i Giainisti, che non mangiano neppure vegetali, considerano gli agricoltori degli assassini.

E’ opportuno evitare fondamentalismi e generalizzazioni: è evidente che intercorre una notevole differenza tra un nativo americano che caccia ed uccide un cervo con una freccia, evitando che l’animale soffra in modo eccessivo e le torture inumane (o propriamente umane?) che sono inflitte a maiali, mucche, polli, oche… negli allevamenti industriali. Se il cacciatore americano ringrazia il Grande Spirito che gli elargisce il necessario di che vivere, le industrie zootecniche sono volte solo al profitto: l’animale è trattato alla stregua di una cosa. [1]

Comunque la si pensi, è probabile che l’alimentazione carnivora, che alcuni hanno tanto cara, non apparterrà ad un'umanità veramente rinnovata, se mai ciò accadrà.

[1] Il consumo di carne può anche assumere, se vi soggiacciono particolari principi, una valenza trasmutatoria, ma è tema delicato sul quale qui non mi soffermo.



APOCALISSI ALIENE: il libro

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