27 febbraio, 2013

The end of the word

“Parola” non è contrario di “silenzio”. La vera parola, mythos, è permeata di silenzio. E’ agli antipodi della chiacchiera, la condizione inane e fatua tanto ben descritta da Martin Heidegger, poiché essa è dono del dio, disegno che intaglia l’idea.

Per avventura il vocabolo mythos condivide con il termine mystes la parte iniziale. Il mystes è l’iniziato, da un verbo “myo” che vale “tacere”, “chiudere la bocca”. Di nuovo la fratellanza tra parola e silenzio.

E’ stata dimenticata la parola fondante. Il mythos si è eclissato. Il linguaggio è scaduto nel brulichio delle ciance.

Il mythos è svaporato e, in vece sua, cagliano parole inutili, triviali, moleste. Chi oggi apprezza il suono delle parole primigenie? Chi oggi ha ancora nell’orecchio l’eco divina di verso recitato da un aedo?

Il suono non si è trasformato in rumore, che è ancora attraversato dal ritmo e persino da linee melodiche, ma nell’assordante nero dell’incomunicabilità.

La parola affondava le radici nell’invasamento del thymòs (anagramma di mythos…) per esalare verso l’iperuranio.

Oggi sproloqui e borborigmi hanno sovrastato i versi intessuti dell’armonia delle sfere.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

23 febbraio, 2013

Mondi cibernetici ed iperdimensionali: da Philip K. Dick a Giorgio Grati (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

Nel marzo del 1972, durante un viaggio a Vancouver, soffrì per due settimane di vuoti di memoria. Alcuni anni dopo riferì a Tessa di essere stato rapito da uomini della mafia (o da men in black?). I loschi figuri l’avevano portato in giro in una limousine, subissandolo di domande.

In un'altra visione, Dick asserì di aver incontrato alcuni esseri grigi con tre (!) occhi bionici. I Grigi erano chiusi in sfere di vetro. Gli androidi erano in una stanza in cui si trovavano degli elaboratori, con cui operavano tecnici sovietici.

Dick era sottoposto a sorveglianza per opera dell’Intelligence? Senza dubbio, ma a fini di persecuzione o di sperimentazione? Questo è arduo da stabilire, come è difficile orizzontarsi nella sue produzione ed esistenza visionarie, discernere tra fantasia e realtà.

Dick ha avuto una vita sociale molto gratificante, contando molti scrittori di fantascienza nella sua cerchia di amici e conoscenti. Una persona che certamente ha considerato Dick un amico fu Ira Einhorn, rinchiuso in una prigione degli Stati Uniti, dopo la sua estradizione dalla Francia con l'accusa di aver ucciso nel 1977 la fidanzata, Holly Maddox. Tra la fine degli anni ‘60 ed i primi anni ‘70 del XX secolo, Einhorn fondò l’"Invisible college", un sodalizio di scrittori, pensatori, scienziati, attivisti e uomini d'affari tra i quali si discutevano idee eccentriche in ambito filosofico e scientifico e dove furono forse prodotti apparati tecnologici. Tra gli aderenti al cenacolo, annoveriamo l'astronauta Edgar Mitchell, il fisico Jack Sarfatti, lo parapsicologo Andrija Puharich e l’ufologo Jacques Vallée.

L’ossessione di Einhorn fu il lavoro svolto negli Stati Uniti ed altrove circa la telepatia, il controllo mentale ed il remote viewing, la visione a distanza. Egli sostenne che le sue conoscenze a proposito di tali programmi spinsero la C.I.A. ad uccidere la povera Maddox per poi incolpare lui.

Nel 1977, nel suo intervento al Festival della fantascienza di Metz, Dick affermò che le sue esperienze paranormali lo avevano persuaso che i suoi romanzi ed i racconti erano in un certo senso “veri”. L'autore credeva di ricordare una vita precedente molto diversa. Pensava che la realtà in cui viviamo sia fittizia, una sorta di programma generato da un gigantesco computer, dove ci accorgiamo che accade qualcosa di strano, solo quando una variabile viene mutata. I déjà vu, secondo il narratore statunitense, potrebbero essere indizi che in un qualche punto del passato una variabile è stata modificata: da ciò scaturirebbe una realtà alternativa. Il tempo non è reale: gli uomini percepiscono il tempo in cui ritengono di essere, ma invero si trovano in un’altra epoca. Le discrepanze cronologiche che egli visse così drammaticamente, ma che noi tutti esperiamo, prima o poi, attraverso i déjà vu, ne sarebbero la prova.

Le speculazioni di Dick, inerenti alla natura della realtà e che preludono in parte alla “filosofia” della saga “Matrix”, si inquadrano in quella che potremmo definire “ipotesi tecno-ufologica”, ossia un’intepretazione secondo cui gli Altri sono androidi o addirittura il nostro pianeta (o dimensione?) è il risultato di un programma informatico.

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19 febbraio, 2013

Roma senza papa

E’ quasi esilarante leggere tutte le analisi circa l’abdicazione di papa Benedetto XVI, soprattutto le apologie di un papa che è comunque il capo di un’istituzione fondata su un dolo bimillenario. Infatti la celebre promessa “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam” è un’impudente interpolazione. Il Messia di David scelse come suo successore il fratello, Giacomo il Giusto.

Se mai è esistita una chiesa cristiana, questa fu la comunità dei Nazirei riuniti attorno al “fratello del Signore”. Se tutto ciò che è umano è caduco, lo è a maggior ragione quanto è edificato sull’inganno: dalle contraffazioni evangeliche alle “pie frodi” dei Padri, dalla donazione di Costantino al dogma che sancì l’infallibilità del papa… è tutta una sequela di bugie che si sono alimentate di altre bugie. Dunque coerenza vuole che chi ha criticato il Vaticano, in quanto impero di una falsa religione, ora non si laceri le vesti di fronte al suo imminente tramonto. L’obiettività esige che si riconosca alla Chiesa di Roma un controverso ruolo culturale e persino spirituale, ma di una spiritualità spaventosamente immiserita.

Tuttavia sarebbe ipocrita, in tale frangente, cancellare con un colpo di spugna le immense responsabilità e gli errori di un’autorità che dall’epoca di Costantino fino ad oggi, se si escludono pochi casi, ha agito in modo spregiudicato, mossa da fini materiali e biechi. Le persecuzioni contro pagani, Ariani, Donatisti, Manichei, Ebrei, Catari… contro tutti i cosiddetti “eretici” non furono episodi isolati ma una metodica e sanguinaria soppressione del dissenso. Il settarismo e le vessazioni non sono prerogativa della Chiesa cattolica, ma non si possono sottacere, poiché essa ora è vicina al disfacimento. Il Vaticano in età contemporanea ha smesso gli abiti degli inquisitori, ma è stato ed è uno tra i centri della nefasta potenza mondialista.

Dunque non esiste una Chiesa buona o un po’ più presentabile, il cui timido esponente sarebbe l’attuale pontefice, assediata da una Chiesa cattiva, quella dominata dalla Massoneria: un’unica struttura, senza dubbio articolata al suo interno e dilaniata da lotte spesso feroci, è ormai prossima al crollo. Non è più ora di accettare un “male minore” per tentare di stornare il male.

Per adempiere il suo compito estremo, è necessario che in San Pietro al semplice negromante subentri un mago capace di evocare lo Spirito della perdizione? Potrebbe essere. Se così fosse, si comprenderebbe per quale motivo Joseph Ratzinger ha rinunziato a sedere sul soglio pontificio, volente o nolente. Un destino pare debba compiersi e, tra i segni dei tempi finali, è stabilito il crollo di Roma che, in quanto potentato, è indifendibile, come indifendibili sono gli stati e le loro ramificazioni.

Ciò non significa escludere una pur tardiva contrizione di qualche prelato in cui guizza ancora un barlume di coscienza né scartare a priori la possibilità che la storia umana corregga la rotta, ma siamo su una nave alla mercé della burrasca e senza timoniere. Quindi è ingenuo pascersi di illusioni e pensare che i debiti non si saldino, prima o dopo. Riteniamo che pochi veramente abbiano un gravame leggero.

Forse non è lontano il giorno in cui questa distratta umanità si troverà di fronte a sé stessa: allora non saranno certo il denaro ed il prestigio a salvarla, sempre che si prospetti una salvezza.

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14 febbraio, 2013

Idealizzazione

È nell’infanzia e nell’adolescenza che abbiamo imparato ad idealizzare: abbiamo proiettato i nostri sogni nei campioni omerici o nei cavalieri medievali. Anche da adulti talora ci protendiamo verso il passato, come fosse un mondo perfetto.

Certo, comparate con il nostro greve presente, le età trascorse erano splendide, ma rimarremmo disillusi, se, potendo viaggiare nel tempo, avessimo la ventura di incontrare uno degli eroi tanto ammirati. Scopriremmo pusilli, in luogo di uomini magnanimi e soprattutto l’orrore della storia ci sommergerebbe con la sua tenace uniformità.

Tuttavia quale privilegio sarebbe imbattersi nell’imperatore Giuliano e poter discorrere con lui! Oggi l’unica interlocutrice è la nostra ombra. Pallida ed inerte, sa solo ripetere le nostre vane domande.

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11 febbraio, 2013

Mondi cibernetici ed iperdimensionali: da Philip K. Dick a Giorgio Grati (prima parte)

Philip K. Dick (Chicago 1928, Fullerton, California, 1982) è il celebre autore statunitense che si distinse nel genere fantascientico. Scrittore immaginifico e bohémienne, seppe trasfondere nelle sue opere narrative le inquietudini e gli incubi della nascente società cibernetica. Alcuni suoi racconti hanno trovato fortunate trasposizioni cinematografiche: “The electric ant” (1969) ispirò “Blade runner” per la regia di Ridley Scott, mentre “Minority report” è alla base dell’omonima pellicola di Steven Spielberg, con Tom Cruise nel ruolo di protagonista.

Lo stile secco e la fervida fantasia suscitatrice di mondi paralleli, di situazioni dove la normalità è spezzata dal paradosso, di solitudini abissali rendono Dick uno fra i protagonisti della letteratura, non solo fantascientifica. Tuttavia egli non fu solo un romanziere di talento, ma pure un genio poliedrico le cui intuizioni mistiche (per certuni allucinazioni) talora anticipano o si affiancano a teorie eccentriche, quali quella sul multiverso o sull’universo olografico.

La vita di Philip K. Dick cambiò per sempre il 20 febbraio 1974, in seguito ad una visita dall’odontoiatra, dopo che l’assistente gli somministrò l’anestetico. L’infermiera indossava un camice con il simbolo cristiano del pesce. L’anestesia catapultò Dick in un universo di trasmissioni trans-temporali, intergalattiche ed iperdimensionali. L’esperienza gli suggerì i romanzi “Radio free Albemuth”, “Valis”, “The divine Invasion” e “The transmigration of Timothy Archer”.

A Dick parve di esistere contemporaneamente negli anni ‘70 del XX secolo in California e nel I sec. d. C. a Roma. Mentre le informazioni penetravano nella sua mente attraverso fasci di luce rosa, sentiva che la sua anima si contendeva lo spazio (?) con quella del suo amico defunto, il vescovo gnostico James Pike.

Dick si chiese se quelle informazioni venissero dal passato, dal futuro, da un laboratorio sulla Terra, da un'astronave aliena o dal suo cervello. Non molto tempo prima della morte, scrisse nel suo diario filosofico, "Exegesis": "Ho sempre pensato che il raggio di luce rosa sparato contro la mia testa abbia avuto origine non da Dio, ma da una tecnologia del futuro”.

Le speculazioni non si conclusero con la sua prematura morte nel 1982: alcuni scrittori, infatti, hanno interpretato i vissuti dello scrittore come connessi a qualcosa di realmente accaduto. Adam Gorightly ed altri si sono domandati se gli eventi narrati in “Valis” possano essere inseriti nella matrice della telepatia e degli esperimenti di controllo mentale in corso sia negli Stati Uniti sia in Unione Sovietica. Questa è un’ipotesi che lo stesso Dick aveva preso in considerazione.

Una notte, un mese dopo le sue prime esperienze del febbraio 1974, ebbe allucinazioni "che formavano in modo perfetto dipinti astratti di artisti contemporanei”. In seguito i quadri furono identificati come opere di Kandinsky, Klee e Picasso. Era come se qualcuno avesse deliberatamente proiettato quelle immagini nella sua testa.

Forse traendo spunto dal popolare saggio degli anni ’70 del XX secolo, “Psychic discoveries behind the Iron curtain” scrisse ai responsabili di un laboratorio sovietico dove si studiavano le percezioni extrasensoriali (E.S.P.), cercando di sapere se avessero generato simulacri di quadri esposti all'Ermitage. Non ottenne risposta, ma pochi anni dopo scoprì che la C.I.A. aveva intercettato questa ed altre delle sue lettere.

Dick ricevette pure informazioni da una voce meccanica femminile di nome Afrodite nota anche come voce A.I. (Artificial Intelligence). A volte la considerava la sua anima, in altri casi la voce di sua sorella gemella morta.

Una notte Dick sognò che una donna russa gli spediva un’epistola in cui era scritto che sarebbe stato ucciso. Giorni dopo chiese alla moglie, Tessa, di aprire una missiva in vece sua. Conteneva solo la recensione di un libro con alcune parole sottolineate e l'indirizzo del mittente di una camera in un albergo di New York.

Un giorno Dick e la moglie stavano ascoltando dalla radio sul comodino delle canzoni, "You are no good" e "You’re so vain", ma continuarono ad udire i motivi anche dopo che l’apparecchio radiofonico era stato scollegato.

Tessa raccontò anche di un’irruzione nell’appartamento in cui viveva con il marito e di aver trovato strane apparecchiature elettroniche.

In un'epoca precedente, Dick sarebbe stato un grande contattista, in una successiva un perfetto rapito.

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09 febbraio, 2013

L'istmo

Il varco è qui? (E. Montale)

Tutto è nel tutto, eppure ci appare diviso.

Recenti indirizzi scientifici tendono a confermare alcuni assunti del pensiero tradizionale. Ci riferiamo al tema delle dimensioni: in verità non sappiamo “dove” questi mondi paralleli siano situati né come interagiscano con l’ordinaria sfera della cosiddetta “realtà” che è, a ben riflettere, una prigione con pareti di vetro infrangibile. Sono dei piani che si intersecano con il nostro in particolari circostanze? Sono livelli microscopici come arrotolati nel nostro quadridimensionale? Sono forse universi che, simili a specchi, riverberano gli eventi del cosmo ordinario? Che ruolo giocano in tutto ciò l’asimmetria, la massa oscura, l’antimateria?

E’ evidente che gli interrogativi sono innumerevoli ed abissali. Sono domande per cui la fisica si protende nella metafisica, la cosmologia nella filosofia.

Abbiamo ogni giorno, anzi ogni notte, esperienza di una realtà ulteriore, la regione onirica dove lo spazio ed il tempo ora si dilatano ora si contraggono sino a concentrarsi quasi in un punto, ma l’istmo che congiunge la psiche conscia a quella inconscia è quasi sempre sommerso dal chiarore dell’alba.

I vissuti con cui ci addentriamo nel mondo impercettibile costellano la nostra vita. Alcuni riescono ad esplorare l’invisibile. Straordinarie capacità dimostrano che le “leggi” fisiche non sono valide sempre e comunque. La coscienza ubiqua può trascendere i confini…

Nondimeno manca non solo una teoria unificante, non autocontraddittoria, che spieghi quale sia la relazione tra la coscienza e la materia, quali i rapporti fra i diversi regni del reale, ma pure una traccia sommaria che delinei i termini del problema. Non sappiamo a quali condizioni lo spirito possa agire sull’hyle, ammesso e non concesso che il discorso sia così semplice, visto che il concetto di causa dovrà essere sostituito con quelli, non meno problematici, di sincronicità e di non-località.

Ignoriamo anche quale sia l’energia fondamentale che muove le onde dell’oceano infinito.

Resta la consapevolezza che in qualche parte di questa realtà dura (eppure evanescente), solida, simile al muro di recinzione di un penitenziario, si deve aprire una breccia tale da permetterci di vedere oltre e di evadere. Beati coloro che l’hanno trovata o la troveranno.

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04 febbraio, 2013

La lunga storia dei capelli lunghi

E’ arcinota la storia di Sansone, raccontata nel Libro dei Giudici (13-16). Sansone è un eroe israelita, figlio di Manoach, ma, come è stato dimostrato da insigni studiosi, tra cui Garbini, il suo nome è tipicamente indoeuropeo e dovrebbe significare “dio del sole” o “figlio del sole”.

Le rocambolesche vicende del personaggio adombrano probabilmente significati astronomici. Gli avvenimenti sono in modo maldestro embricati ad episodi storici relativi al conflitto tra Giudei e Filistei (Peleset), popolo indogermanico insediatosi nella striscia costiera di una regione che da loro prese il nome di Palestina.

Nella storia di Sansone è centrale il motivo dei capelli lunghi in cui risiede una forza eccezionale. Allevato secondo le usanze dei Nazirei, infatti, sul capo dell’uomo non passa mai il rasoio. La chioma prolissa è allusione all’energia del sole e più in generale ad una potenza insita nella natura, una potenza che è concentrata in una capellatura fluente. [1]

La descrizione fisiognomica del Messia, meglio dei due Messia, con i capelli lunghi e la barba, induce a pensare ad una continuità con l’antico Nazireato, mentre l'abitudine a vestirsi di bianco attiene alle consuetudini proprie degli Esseni, che peraltro hanno anche la fama di essere grandi guaritori e medici.

Nell’iconografia religiosa ad un Cristo imberbe ed efebico spesso modellato sulla figura del cantore Orfeo, rappresentazione del III-IV secolo dell’era volgare, sottentra, un po’ alla volta, l’immagine del Salvatore barbato e con la chioma che ricade sugli omeri. E’ possibile che l’avvento e la diffusione di tale paradigma iconografico nasca dalla convergenza fra l’acquisita natura solare del Cristo e le tradizioni dei Nazirei? Il contatto tra il retaggio pagano e concezioni ebraiche generò tale schema?

Anche i penitenti e gli anacoreti si lasciano crescere i capelli: si pensi a Giovanni Battista ed alla leggendaria Maria Egiziaca.

Nella tarda antichità e nell’alto Medioevo si afferma la nazione dei Franchi con la dinastia dei Merovingi: il particolare dei capelli lunghi accomuna i re Merovingi ai Nazirei. E’ un collegamento molto tenue e non è sufficiente per avvalorare l’origine israelitica dei Sicambri, derivazione da loro millantata probabilmente per confermare il loro rango di re semidivini, in quanto successori del Messia di David. E’ vero, però, che i capelli ricadenti sulle spalle, come si è accennato, caratterizzavano i consacrati a YHWH. I capelli sin sulle spalle erano, per così dire, raggi da cui si sprigionava una forza soprannaturale.

Gregorio di Tours nella Historia Francorum scrive: “Emersero nell'antica tradizione nazirea per diventare i re pescatori dai lunghi capelli". Egli inoltre ricorda che, dopo la morte di Faramondo, occorsa nel 428, gli sarebbe succeduto il figlio, Clodione il Capelluto (Clodion le Chevelu), reputato dal vescovo di Tours il primo re del popolo germanico in oggetto. All’ultimo re merovingio, Childerico III, quando è deposto dal trono, in seguito alla opportunistica alleanza tra i Pipinidi e la Chiesa di Roma, sono tagliati i capelli. Una gloriosa dinastia è spodestata con un potente gesto simbolico.

I capelli fluenti sono tenuti in gran conto pure nell’ambito del nazismo occulto: Karl Haushofer nel 1919 fonda la Vril Gesellschaft, un’associazione esoterica, al cui interno operano due sensitivi, la croata Maria Orsic, ed un certo Sigrun. Maria Orsic e le altre donne della confraternita reputano che capigliature lunghissime, a guisa di fili, le colleghino ai mondi invisibili.

Mutatis mutandis, dagli antichi profeti e sacerdoti sino ai capelloni degli anni ‘60 e ’70 del XX secolo, tra velleitaria trasgressione e sogni di libertà, un’aura ieratica, eppure con alcunché di negletto, si associa al volto maschile incorniciato da una chioma copiosa.

[1] Il nazireato era una particolare forma di consacrazione a Dio, normalmente a tempo determinato. Comportava un assoluto rispetto delle regole, comprendente l'astensione dalle bevande inebrianti e dal taglio dei capelli che poi venivano sacrificati, gettandoli nel fuoco.

Fonti:

A. Grabar, Le vie della creazione nell’iconografia cristiana, Milano, 1983
A. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, Roma, 2001, s.v. Sansone
Enciclopedia dei simboli, Milano, 1999 s.v. inerente
Garbini, I Filistei, gli antagonisti di Israele, Milano, 1997
Zret, I Merovingi tra storia e leggenda, 2012


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01 febbraio, 2013

Appunti e disappunti

Qualcuno l’altro giorno mi ha chiesto se credo nel soprannaturale. Credere... siamo costretti a credere, perché non riusciamo a vivere il sublime. Soprannaturale? Come se sapessimo che cosa sia la natura, di cui oggi aleggiano solo livide larve, come se sapessimo per quale ragione l’universo si sia paralizzato nel mutismo degli spazi vuoti, neri.

Il pianeta sta agonizzando: l’esistenza si consuma sotto un cielo acrilico. Ci hanno cancellato la luce, sottratto il tempo imprigionato nelle scadenze, nei ritmi aridi di giorni tutti uguali, uno più disgregato dell’altro. Ci intossicano la mente ed il corpo.

Di fronte all’enigma alcuni ci sanno solo ammannire teorie: buttano un’equazione qui, una matrice là; snocciolano astrusità e fumisterie e tutto è chiaro, spiegato, finalmente. Altri spiattellano elucubrazioni “esoteriche”, ma sono riti e concetti insulsi, cialtroneschi, caricature di parodie.

Certi si angustiano perché l’umanità, di questo passo, si estinguerà, ma non si sono accorti che l’uomo si è già estinto.

Con chi coabiteremo nel deserto?

Perché tutto questo? Perché il mondo è al contrario? E’ un luogo dove si è costretti a camminare capovolti. Né i dogmi né le astrazioni sono risposte. Cianfrusaglie: ne abbiamo a bizzeffe.

Forse soltanto chi non ha compreso ha intuito, ma la parola che definisca la terrificante meraviglia della vita non è stata ancora pronunciata.

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