30 marzo, 2014

Io, tu e le cose


Qual è il nostro rapporto con le cose? Nel mondo attuale, per lo più, gli uomini non possiedono le cose, ma sono posseduti da esse. La società materialista ha alienato gli individui, portandoli a conferire valore intrinseco ad un nuovo modello di cellulare, ad un’automobile fiammante: l’obsolescenza psicologica, però, è più rapida di quella merceologica. Si pensi soprattutto agli adolescenti: essi presto si stancano del marchingegno che hanno facilmente ottenuto da genitori permissivi. Subito i rampolli smaniano per un nuovo gadget dalle prestazioni sbalorditive e dalle linee accattivanti.

Può sembrare paradossale, ma chi brama sempre nuovi prodotti, invero non è attaccato alle cose, ma al loro valore simbolico (status symbol), alla possibilità di ostentare prestigio sociale. Spesso questa attrattiva per le cose si incanala verso strumenti tecnologici, visto che oggigiorno la persona tende a vivere in simbiosi con la téchne.

La materia lascia trasparire una filigrana spirituale. E’ una filigrana che gli esseri reificati non riescono ad intravedere. Gli oggetti, invece, per gli uomini più evoluti sono o possono assurgere, come ci ricorda Giulio Carlo Argan, a valori. E’ l’utensile appartenuto al nonno e che si rivela ancora adatto alla bisogna. E’ la suppellettile che ingentilisce un angolo della nostra casa. Di per sé il soprammobile è insignificante, ma è circonfuso di un’aura o perché è un dono di un amico o in quanto è legato ad un’esperienza indimenticabile e così via. Ecco che la cosa, inerte e vuota, si riempie di senso per noi. Sono soprattutto gli oggetti dell’infanzia a caricarsi di energie, di evocazioni, di odori: sappiamo sbarazzarci delle automobili in miniatura con cui ci divertivamo, quando eravamo piccoli? Anche le banali figurine raccolte con zelo paziente sarebbero ancora custodite in qualche cassetto, se madri un po’ corrive non le avessero gettate via. Forse l’attaccamento a certe cose è il legame con il nostro passato, ma il tentativo di aggrapparsi ad un passato altrui. Infatti oggi noi non siamo più chi fummo.

Il tempo trascorso, scrive Montale, “appartiene ad un altro”... ad un altro me stesso, bisogna chiosare, giacché la nostra identità è flusso, cambiamento, impermanenza: già dieci minuti addietro eravamo differenti da come siamo adesso. Allora gli oggetti diventano gli appendini cui sono sospesi i nostri molteplici e fallaci io. Che cos’è l’identità, se non una risma di fogli incollati l’uno sull’altro?

Seguiamo un‘intervista video, ma non ascoltiamo! Guardiamo l’ambiente in cui l’intervistato risponde alle domande: gli scaffali con i libri dietro di lui, l’arredamento, i dipinti e le stampe alle pareti, i vasi con le piante... esprimono dell’intervistato la natura intima, le sue abitudini, gusti, interessi, ubbie... in una parola, l’anima.

In un melanconico e bellissimo sonetto, il poeta barocco Tommaso Stigliani contempla l’arredamento della camera in cui suole soggiornare, pensando che, quando sarà conclusa la sua vita, gli oggetti, invece, muti e silenziosi, continueranno a vivere ancora per molte generazioni. L’immortalità appartiene a cose morte. Eppure non sono forse esse, almeno sotto certi rispetti, immagini che misteriosamente proietta la nostra prodigiosa coscienza? Non sono forse le ombre colorate della nostra fervida immaginazione?

Alcuni ritengono che, se esiste un mondo ultraterreno, esso sarà popolato dalle nostre proiezioni, dai desideri e dai sogni: se abbiamo sempre vagheggiato una villa su una scogliera, carezzata dall’azzurro del mare e del cielo, un giorno vivremo lì. Quella dimensione sarà abitata dalle persone, dagli animali e dagli oggetti che più abbiamo amato, sempre che abbiamo amato.

E’ folle incistarsi al denaro, al possesso, alle ricchezze. Nella novella “La roba”, Giovanni Verga descrive la disperazione del protagonista che, sapendo di essere prossimo a morire, vorrebbe portare tutto il suo patrimonio con sé. La ricchezza, però, è merce ed usura, mentre le cose amate, persino a volte quelle di “pessimo gusto”, come le definisce Guido Gozzano, si animano, come se scorresse al loro interno una linfa.

Spiritualizzare la materia, che forse è solo un simulacro dello spirito, è alchimia per eccellenza. La vita dunque può essere tentativo alchemico o deriva verso il nulla.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

28 marzo, 2014

Sopravvivenza


Siamo “sul limitar di Dite”. Si sopravvive. Sopravvivono molti esercenti, i cui negozi sono quasi sempre vuoti. Sopravvivono i pensionati con assegni esigui, erosi dall’inflazione e dal fisco sempre più rapace. Sopravvivono gli alberi che si ostinano a fiorire, nonostante la luce larvale di una tetra primavera. Sopravvivono i passeri i cui gorgheggi annunciano con triste letizia albe esangui, livide.

Si sopravvive perché, nonostante tutto, si continua a sperare in una svolta. Si respira un’aria strana, inquietante, eppure forse presaga di una rigenerazione. Ci si illude o davvero siamo prossimi ad un cambiamento? Viviamo in un’epoca terribile, disumana: eppure lo stuolo dei profeti di sventura è forse meno folto della schiera dei vati che preconizzano l’avvento di una nuova età aurea.

Non sappiamo. Non passiamo sapere. Ignoriamo quanto durerà l’attesa, un’attesa parossistica in cui ogni attimo pare eterno. Inferno e Paradiso si toccano e si compenetrano. Ora sembrano prevalere i fumi sulfurei e le cupe fiamme dell’Ade, ora si intravede, fra gli strappi di un cielo ammorbato, una sottile vena azzurra.

Tuttavia, mentre si è consci che è inevitabile, prima o dopo, il trionfo della luce, si avverte pure che qualcosa di profondamente iniquo abita il cuore del cosmo, con la lugubre corolla di mali che lo cinge. Davvero si possono cancellare millenni di errori, perversioni, atrocità con un colpo di spugna? Davvero si possono cancellare, come se fossero state le immagini terrifiche ma inconsistenti di un incubo?

A volte si ha l’impressione che l’universo sia un brutto sogno sognato da un Dio che non riesce a destarsi. A volte si ha l’impressione che fragili crepe incrinino l’armonia e la perfezione del Tutto.

L’ingiustizia resta ingiustizia, anche se riparata. Solo un oblio assoluto potrà sprofondarla nel nulla.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

25 marzo, 2014

FAI attenzione!

Il FAI, ossia il Fondo ambiente per l’Italia (sic) per il 22 e 23 marzo scorsi ha organizzato la ventesima e seconda edizione delle giornate di primavera. L’epico slogan quest’anno è il seguente: “2 giorni per ammirare l’Italia, 365 giorni per salvarla”.

Colpisce l’immagine che è abbinata alla campagna del 2014: giganteggia un bel volto femminile che osserva lo spettatore di là da un’apertura arcuata i cui stipiti sono decorati con scomparti affrescati a motivi floreali e da girali.

Il viso, dalla pelle levigata, appoggia quasi le labbra su un pavimento a scacchi bianchi e neri. Peculiare è l’unico occhio, il cui arco sopracciliare riprende la curva a tutto sesto della luce. L’occhio onniveggente, di matrice orwelliana, fissa chi guarda: è una sgradevole fissità accentuata dalla vicinanza allo spettatore.

La composizione è di evidente taglio “massonico” dove per “massonico” intendiamo qui non il repertorio simbolico della Frammassoneria, ma il campionario di emblemi ossessivi e distorti che la feccia globalizzatrice ha usurpato.

Il pavimento a riquadri bianchi e neri, esibito pure nella scenografia kitsch di “Sanremo 2014”, a differenza degli altri particolari dell’immagine, ha ben poco di rinascimentale, anzi, evocando l’ambiente di una macelleria, stride con il resto della raffigurazione.

Attraverso questi ed altri espedienti iconici la ciurmaglia crea un clima, adombra la sua appartenenza, mistifica, gioca con cifre e figurazioni dense di significati, passibili di sedimentarsi nell’inconscio, di incunearsi nell’immaginario collettivo.

Il FAI, come tutte le altre associazioni pseudo-ambientaliste, è una creatura del sistema ideata per dare ai cittadini l’illusione che le istituzioni si preoccupano di tutelare sia il patrimonio artistico ed architettonico sia il paesaggio. [1] Nel migliore dei casi, con una frazione dei denari spillati ai grulli, si restaura un rudere di campagna, mentre insigni opere sono sventrate da architetti pazzi e la biosfera è straziata dalla Geoingegneria clandestina.

Ai margini di questi enti e fondazioni pseudo-ecologiste sono purtroppo germinati movimenti che, in apparenza contrari all’establishment, ne sono, invece, protesi camuffate: il pensiero corre in particolar modo a “Thrive” (Prosperità, quella dei furbastri...), l’organizzazione che, simulando di denunciare lo strapotere dei loschi banchieri internazionali, persegue, proprio come il pericoloso “Zeitgeist movement”, una politica mondialista e transumanista. “Rimedi” peggiori dei mali. Il logo di “Thrive” è sintomatico: un volto muliebre con un occhio bendato. La donna è in procinto di togliersi la benda ad indicare, falsamente, il proposito di emanciparsi da una visione parziale della realtà, laddove siamo al cospetto del solito private eye degli Oscurati.

Stiamo attenti dunque a questi gruppi gestiti e coordinati dal sistema. Occhio all’occhio...

[1] Si pensi alla coerenza del W.W.F., World wild fraud: gli ipocriti che si sgolano per salvare la fauna selvatica, partecipano a selvaggi safari in cui impallinano tranquillamente animali in via di estinzione, come i rinoceronti. Per carità di patria, non indugiamo sulle sesquipedali contraddizioni di LegaAmbiniente.

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23 marzo, 2014

Le profezie del mago Merlino


Merlino è il celeberrimo mago delle saghe arturiane. Stando ad alcuni studiosi, un saggio chiamato Merlino visse realmente nel V secolo d.C. e fu prima alla corte del sovrano Ambrosio il Tiranno, poi di re Artù.

Figura tra storia e leggenda, archetipo di una terra suggestiva dagli orizzonti glauchi, dalle ondulate brughiere che fluiscono e si mescono nelle onde del mare, Merlino (il suo nome è di significato controverso: significa “sparviero” o “colui che ride”?), fu autore pure di profezie. Ormai attempato, l’incantatore decise di ritirarsi nelle foreste della Caledonia (Scozia meridionale) per concentrarsi sulla visione del futuro.

Secondo il parere di taluni autori, Merlino previde, fra i vari eventi, gli agoni per la libertà combattuti nel Medioevo dai prìncipi gallesi Llywelyn ed Owain Glyndwr, la Rivoluzione francese, l’avvento al potere di Adolf Hitler. Per il terzo millennio il vate celtico preannunziò terribili catastrofi ambientali e mutazioni di piante ed animali (organismi transgenici)... I disastri geologici culmineranno nell’inversione dei poli.

Gli ultimi tempi - ci ammonisce l’erede dei druidi - saranno flagellati dall’infecondità della terra: “Ogni campo deluderà il contadino ed i frutti saranno scarsi, spesso avvelenati. Le radici ed i rami si scambieranno il posto, i pesci moriranno per il calore e da loro nasceranno i serpenti”.

Un presagio recita: "Verso la fine i grifoni (simbolo di carestia) verranno a mangiare il grano. Al tempo in cui gli uomini e le donne figlieranno più raramente, la gente perderà la fede. Il mondo sarà tremendamente cattivo. I piccoli saranno schiacciati. I grifoni voleranno in Egitto”.

Sterilità maschile e femminile, penuria di cibo, nequizia, calamità “naturali”... : questo è l’apocalittico scenario preconizzato dallo sciamano e da altri oracoli tra Medioevo, età moderna e contemporanea.

Dalle brumose lande della Scozia, Merlino seppe squarciare il velo del tempo per gettare il suo sguardo fino a quest’era ferrigna e feroce?

Fonti:

G. L. Margheriti, I personaggi più misteriosi della storia, 2013
A. S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, 2001, s.v. Merlino
R.J. Stewart, Le profezie di mago Merlino, 1995


Articolo correlato: Le profezie di Merlino, 2014

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20 marzo, 2014

Sbarramento


Odi profanum vulgus et arceo. Detesto il volgo profano e me ne tengo distante. (Orazio)

Ci si affanna tanto a commentare la legge elettorale recentemente discussa dal Parlamento. Non occorrono analisi approfondite per comprendere che è una legge truffaldina concepita solo per azzerare qualsiasi pur remota possibilità che un giorno sia eletto qualche cittadino in grado di costituire una vera opposizione. In questo modo i parassiti sono sicuri che potranno continuare a succhiare il sangue del popolo, senza neppure un lieve disturbo.

Un aspetto, però, della sciagurata legge merita una riflessione: lo sbarramento stabilito per i partiti e le coalizioni. Si parte dal presupposto secondo cui maggiore è il consenso ottenuto da una formazione, più il sistema è democratico. E’ il criterio della maggioranza peculiare degli ordinamenti “democratici”. E’ un principio aberrante. Come sostiene il filosofo danese Soren Kierkegaard, in uno stato non è la maggioranza ad aver ragione, maggioranza che coincide con la massa acefala, ma la minoranza. Quest’ultima incarna la saggezza e la lungimiranza di chi non è mai ascoltato, di un’élite intellettuale che giudica ed agisce sulla base di un’accorta visione del mondo, non sull’onda dell’irrazionalità.

Nel migliore dei casi, la “democrazia” è il governo della plebaglia: Aristotele la bolla appunto come oclocrazia. Solo l’aristocrazia dell’intelletto sarebbe capace di reggere le sorti di una nazione, ma tale ristretta cerchia è esclusa da qualsiasi potere decisionale. Semmai può fungere da coscienza critica.

Ben vengano dunque quei movimenti che restano minoritari, mentre guardiamo con sospetto e diffidenza un partito, non appena comincia ad aprire una breccia tra la gente. Significa che gli ideali più nobili sono ormai involgariti e snaturati. Significa che la moltitudine è ormai in procinto di trasformare l’oro in metallo vile.

Chi veramente vale non ha bisogno del plauso proveniente dal volgo: solo i tribuni ed i demagoghi cercano l’approvazione ed il sostegno del popolino. Chi veramente vale, come Dante, piuttosto che mescolarsi ai peones, preferisce far parte per sé stesso.

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17 marzo, 2014

Impronte di uomini e zampate di demoni


Hanno creato un deserto e lo hanno chiamato pace. (Tacito)

Gli pseudo-ambientalisti ripetono sino alla noia che gli uomini sono la causa delle ferite inferte al pianeta. Per uomini i cialtroni intendono i comuni cittadini che, con il loro stile di vita e, in quanto consumatori, inquinano l’ambiente e, un po’ alla volta, esauriscono le risorse. Tale impatto è definito “impronta ecologica”. Che ciascuno di noi, in misura maggiore o minore, concorra ad incidere sugli equilibri dei biomi, è indubbio. Siamo, però, alle solite: il singolo è demonizzato in modo sommario, dimenticando le pesanti responsabilità della feccia mondialista e delle istituzioni che ne eseguono gli ordini.

Che sia necessaria un’educazione al vero rispetto per la natura è altresì indiscutibile. Tuttavia l’ipocrisia vanifica tutte le buone intenzioni, ogni fine fintamente nobile. Incide di più sull’ambiente chi fuma una sigaretta sul terrazzo o chi ogni giorno diffonde nella biosfera in maniera deliberata tonnellate di veleni con gli aerei chimici ed in mille altri modi?

Purtroppo ho notato che, tra gli stessi attivisti, qualcuno concorda con i globalizzatori, riconoscendo che la sovrappopolazione è un problema: le risorse stanno scemando e non sarebbero sufficienti a ragione di un’inarrestabile incremento demografico. Sono “argomentazioni” da Club di Roma, degne di Bill Gates ed ineffabile consorte.

Ci si fida troppo delle versioni ufficiali e delle statistiche di Stato, anche quando finalmente si è un po’ meno creduloni. Così crediamo che veramente sulla Terra vivano oggi sette miliardi di persone. Così riteniamo che, tutto sommato, non abbiano tutti i torti i pur scellerati governi a voler preservare le risorse naturali per le generazioni future, sfoltendo un po’ la popolazione.

Pazzesco!!! Ammettiamo pure che davvero le cifre siano quelle divulgate dagli organi del regime. Su un altro punto bisogna, però, dichiarare la verità: i criminali al potere non hanno alcun interesse a tutelare gli ecosistemi con le loro ricchezze. Altrimenti non esisterebbe la geoingegneria clandestina che è l’aggressione più violenta e più distruttiva ai danni del nostro martoriato pianeta. La geoingegneria abusiva coincide con un depauperamento ed una contaminazione così radicali dell’ambiente da mettere a repentaglio la stessa possibilità in un non lontano futuro di ottenere qualche pianta alimentare da un suolo inquinato in misura spaventosa, da annullare la possibilità di bere un sorso d’acqua che non sia una pozione di metalli tossici.

No: la cricca mondialista non vuole attuare la depopulation per salvare Gaia. Forse il Gotha ha intenzione di proteggere alcune oasi destinate alle élites, ma gran parte del pianeta è destinato a divenire una waste land in cui, secondo i piani dei banditi, dovrà sopravvivere una massa di schiavi dotati di microchip.

Quando si analizza la psicologia dei delinquenti istituzionali, si dimenticano due cose: in primo luogo essi non sono mossi soltanto dalla cupidigia di denaro, dalla smania di accaparrarsi beni materiali che i manigoldi possiedono già in misura esorbitante. Inoltre moltissime idee ed azioni nascono da menti malate, con forti inclinazioni al sadismo. Qualcuno farnetica di classi dirigenti che potrebbero mantenere il loro potere, cui sono attaccate come ostriche allo scoglio, ma per esercitarlo per il bene dell’umanità, magari una volta sciolto il nodo demografico e stabilizzato il rapporto tra ecosistemi e popolazione.

Non ribadiamo qui che la questione non è tanto nella presunta carenza di risorse, ma nella loro sperequata distribuzione a livello mondiale. Non ricordiamo che, se si diffonde il benessere, il trend demografico si assesta. Affermiamo, invece, senza tema di smentita che le energie pulite, in grado di emanciparci dai combustibili fossili e dal mortale atomo, esistono. Affermiamo che queste fonti sono pressoché inesauribili: se si continua a generare inquinamento con sistemi arcaici, ciò dipende da un preciso sabotaggio perpetrato dall’establishment politico-militare il cui interesse non è solo quello economico, cioè il monopolio delle fonti energetiche, del cibo e dell’acqua, poiché soprattutto mira a serbare, anzi ad inasprire il controllo sulle nazioni. Questo dominio è ottenuto con i pretesti più disparati. La crisi finanziaria attuale è in gran parte fittizia: è uno stratagemma per tenere in pugno interi popoli. Tale supremazia è conseguita in particolar modo con la proprietà della moneta e con il debito pubblico che ne deriva: le banconote sono stampate da banche private ed il denaro digitale è emesso da un cartello di istituti creditizi anch’essi privati, Banca d'Italia compresa.

Fino a quando i cittadini non riusciranno ad appropriarsi della moneta, fino a quando non saranno disponibili per tutti energie pulite, alimenti sani, terapie efficaci, fino a quando lo Stato non sarà abolito, l’umanità non sarà svincolata dalle ipoteche che gravano sul suo destino. Sperare che l’esecutivo mondialista decida di governare in modo saggio ed oculato, è un’ingenua e pericolosa utopia. La libertà e la prosperità sono conquiste: se sono calate dall’alto, sono inganni.

Oggigiorno, sempre incolpando il singolo ritenuto un virus per la Terra, si istiga al suicidio. Siamo d’accordo sulla strategia del suicidio: auspichiamo il suicidio immediato di tutti gli esponenti delle élites sataniste e dei loro servili collaboratori. Dopodiché, se resteranno delle difficoltà, si risolveranno con agio nell’arco di poco tempo. Il vero problema, infatti, è in chi vede la risoluzione di ogni problema come il problema per eccellenza.

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16 marzo, 2014

Oceani siderali


Le galassie erano coralli scintillanti di oceani misteriosi, profondissimi. Soli e pianeti erano granelli di sabbia di un lido immenso. Onde di buio sommergevano le nebulose. Oltre gli orizzonti dello spazio veleggiavano i venti dell’infinito…

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13 marzo, 2014

Una brutale bruttezza

L’ignoranza avanza e non abbiamo più speranza.

Non sono un estimatore di Vittorio Sgarbi che, alla fine, palesa una visione ingenua e parziale degli amministratori di cui egli condanna "solo" l’insipienza e la corruzione. Purtroppo i governanti, quelli veri, non i pu-pazzi putrefatti che infestano i media, sono tutto fuorché incapaci, ma questo è un altro discorso...

Sgarbi ha ragione, però, quando si avventa contro le brutture del “paese dove il sì suona”, quando si scaglia contro i bruti che stuprano l’arte e la natura. In una scadente skyline si stagliano abominevoli edifici pubblici progettati da architetti ignoranti, costruiti per volontà di "politici" ancora più beoti, opere pubbliche che devastano il territorio con colate di cemento, obbrobriose nonché pericolose rotatorie, squallidi centri commerciali e parcheggi che sorgono là dove si estendevano parchi o campi coltivati... E’ in ogni dove l’inno alla più brutale bruttezza, il peana all’orrore.

Contemporamente capolavori architettonici, scultorei e pittorici, nel migliore dei casi, giacciono nell’incuria, quando non sono più o meno deliberatamente danneggiati o distrutti. E’ il caso in special modo di quei monumenti che, con la scusa dei restauri, sono poi in parte demoliti o stravolti nella loro originaria fisionomia.

Invano tuoneremo contro questi scempi che si consumano nell’indifferenza e nell’ignavia di una popolazione incapace di vedere, figuriamoci di guardare. Dappertutto mefitiche discariche, mortali inceneritori, fabbricati industriali, quartieri congestionati da tetri casermoni...

Le montagne sono sventrate, gli alvei dei fiumi cementificati, le pianure dilaniate da superstrade. Nelle colline sono conficcati tralicci ed antenne, il cielo è un viluppo di scie velenose e nebbie mortali.

La vita sul pianeta sta agonizzando, ma la bellezza è già morta da tempo. E’ morta, perché oggigiorno quasi nessuno più è sensibile ai veri valori estetici.

Non sorprende che in questa età attratta in modo irresistibile verso il laidume e la deformità si celebri il trionfo di una pellicola italiota che incarna, con la sua sconvolgente mostruosità, un’epoca di ammorbante putrefazione.

Non sorprende che la televisione ed il cinema siano impastati di sangue, di scene truculente e sordide. Soprattutto le nuove generazioni amano sguazzare in questa pozza ripugnante.

Prima ci hanno defraudato dell’incanto che si sprigiona da un firmamento trapunto di stelle, da una volta su cui fluttuano nubi vaporose, ora ci privano del benessere, della salute. Se l’anima è morta, è fatale che il corpo, ormai patetico, inutile involucro, langua e perisca.

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10 marzo, 2014

Giustizia umana e Coscienza sono incompatibili

Lo Stato non siamo noi. In quanto uomini liberi, integri, amanti della Verità e della Giustizia, noi riconosciamo come autorità solo la nostra Coscienza ed esigiamo che le istituzioni dichiarino di essere onorate della nostra stessa impeccabile esistenza.

Sempre più spesso ci chiedono la nostra opinione circa la sovranità individuale, ossia la possibilità di ciascun uomo di affermare la propria libertà e dignità al di fuori dei vincoli di legge sanciti dagli Stati. Ora, non entriamo nel merito della questione, poiché è un tema alquanto complesso. Qui ci limitiamo ad accennare alcune coordinate.

Il sistema giuridico internazionale risente in misura maggiore o minore della bolla "Unam sanctam" promulgata dall’orrendo pontefice Bonifacio VIII (al secolo Benedetto Caetani) e di altre due lettere papali successive. La giurisprudenza dei paesi anglosassoni, almeno in linea teorica, contempla l’evenienza che il singolo proclami la propria sovranità. Il diritto italiano, invece, in cui i giudici, sempre in linea teorica, applicano una legge a loro superiore, diritto che discende dai principi del Corpus iuris civilis giustinianeo, non pare proprio prevedere tale opportunità.

Il punto comunque non è questo, giacché la legge è un’astrazione: non esiste una giustizia umana da cui possa promanare un ordinamento ineccepibile. Lo Stato di diritto è una chimera. Lo Stato è solo l’espressione di una classe o di una cricca che opprime, sfrutta e vessa il popolo, pensando esclusivamente a preservare i suoi luridi privilegi. Perciò ogni disquisizione a proposito di norme, regole, fonti del diritto, costituzioni... è, prima che inutile, ridicola.

Per quanto ci riguarda, il codice penale ed il codice di procedura penale sui cui ci siamo formati coincidono in toto con “I promessi sposi”. Intendiamo che Manzoni comprese come funziona, anzi come non funziona la “giustizia”, debole con i forti e forte con i deboli. L’autore milanese era tutto fuorché uno sprovveduto: nel romanzo con sarcasmo e con lucidità denuncia una situazione politica e sociale corrotta sino al midollo. Solo i deficienti e gli allucinati possono pensare che i magistrati siano imparziali, che nei tribunali si pronuncino sentenze giuste. Renzo e Lucia e, più in generale, gli umili lo imparano a loro spese. Poiché essi, però, hanno fede in Dio, nella sua Giustizia superiore, alla fine accettano questa vita di mota. Gli altri si attaccano al tram e fischiano l’Aida.

Come ci insegnano i sofisti, la giustizia è la legge del più forte e del più scaltro. Lo Stato, in quanto costruzione del tutto illegittima e criminale, può solo partorire una giustizia iniqua, feroce ed aberrante. All’interno dei codici si troverà sempre qualche cavillo, qualche pretesto, qualche appiglio per un’interpretazione ad uso e consumo del prepotente di turno. Non ha ragione chi ha ragione, ma chi è arrogante, come ci ammonisce Fedro nella celebre ed amara favola, “Il lupo e l’agnello”.

Nel "Paradiso" Dante, scrive “Diligite iustitiam qui iudicatis terram”, ossia “Amate la giustizia voi che giudicate la terra”. Dispiace constatare che il sommo poeta vaneggiasse di uomini amanti della giustizia in grado di giudicare gli altri. I pochi uomini probi, integerrimi, disinteressati non operano nei tribunali, anzi non operano all’interno delle nefaste e nefande istituzioni. Se siamo fortunati, ci imbatteremo in greggi di inetti, in masnade di ignoranti, ma l’onestà appartiene ad un’altra dimensione.

Chi combatte per attestare la sovranità individuale merita un plauso, poiché manifesta una concezione alta e nobile della giurisprudenza. Purtroppo la realtà effettuale è ben diversa: i pre-potenti, anche quei pochi che conoscono i fondamenti giuridici, non esitano un attimo a spiaccicare il cittadino, come fosse una mosca. Coloro non si peritano di trasgredire le regole basilari della convivenza civile: non hanno alcun ritegno. Sono in una botte di ferro. Il vizio e la scelleratezza sono per loro garanzia di totale impunità. Nessuno mai avrà l’ardire non di perseguirli, ma di torcere loro un capello.

Chiarito ciò, ci sembra che i fautori della sovranità individuale siano un po’ come coloro che, basandosi sui cardini teorici di una fisica quantistica mal compresa, sono sicuri di poter modificare gli eventi, anzi l’intero universo con il potere dell’intenzione, potere tra l’altro di un singolo individuo. Sinora non risulta ci siano riusciti.

Questo non significa che non si debbano esperire tutte le vie lecite per rintuzzare gli assalti di un sistema tirannico. Si possono e si devono escogitare strategie per contrastare i misfatti governativi. In effetti, negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito, qualche cittadino, appellandosi al codice della navigazione, è stato in grado di schivare la mannaia dei palazzi di “giustizia”. Tuttavia di fronte a qualcuno che ha trionfato, quanti sono gli infelici che sono massacrati di botte o fulminati con il taser, ancora prima che possano proferire un fonema!

Siamo in ogni caso sempre disponibili a rettificare tali conclusioni: chi fosse riuscito a schivare i fendenti di un establishment odioso, è invitato a comunicarcelo ed a rendere partecipi della sua positiva esperienza il maggior numero di lettori possibile.

Reputiamo, però, che chi confida in questa o in simili forme di difesa della propria libertà empirica (non interiore, che è invulnerabile) sia simile ad un soldato intento a proteggersi da una mitragliata con uno scudo di cartone.


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08 marzo, 2014

Parnassus


Parnassus, l’uomo che voleva ingannare il diavolo” (titolo originale “The imaginarium of Doctor Parnassus”) è una pellicola per la regia di Terry Gilliam. Tra gli interpreti si annoverano Heath Ledger, Johnny Depp, Colin Farrell, Jude Law, Christopher Plummer, Andrew Garfield, Verne Troyer, Lily Cole, Tom Waits, (il Diavolo), Cassandra Sawtell, Paloma Faith, Carrie Genzel, Michael Eklund, Simon Day, Johnny Harris.

Il regista rispolvera il tòpos del patto con il diavolo per evocare una realtà fantastica e fantasmagorica. Il Dottor Parnassus, condannato all’immortalità e ad invecchiare indefinitamente come il mitico Titone, è il capocomico di una sgangherata compagnia teatrale in cui lavora la bellissima figlia, preda ambita dal Diavolo. Soprattutto Parnassus è il mago che può condurre ignari spettatori nel mondo immaginifico dei propri sogni (ed incubi) più segreti.

Opera barocca, sontuosa e talora persino kitsch, “Parnassus” mescola teatro, cinema e vita. E’il teatro come meravigliosa finzione, cinema come magia e vita che ha un po’ dell’uno e dell’altro. L’autore ha voluto proiettare un caleidoscopio di immagini, di riferimenti, di citazioni: è un caleidoscopio che abbaglia e stordisce. La tradizione vedica, il mito classico, i tarocchi, Goethe, Lewis Carroll, la Massoneria… sono soltanto alcuni tra gli ingredienti che Gilliam riesce per lo più a dosare e a mescolare in modo sapiente.

Sull’onda di un evento fortuito (ma esiste il caso?), il regista è capace pure di incastrare Pirandello e la polverizzazione dell’identità nel momento in cui l’avventuriero Tony, interpretato all’inizio da Heath Ledger morto sul set, è sostituito da un trio di alter ego nell’universo onirico oltre lo specchio. Qui la fiction si fonde e si confonde con la cronaca nera su cui si addensano le cupe ombre di una maledizione, come nel film “Il corvo” con Brandon Lee. [1]

Come “Il corvo”, anche la produzione di Gilliam è un intrico di simboli e di straniti adombramenti: Anton, uno fra gli istrioni della compagnia, veste il costume di Hermes psicopompo, guida delle anime; sulla fronte di Tony si intravede una piramide tronca con l’occhio onniveggente; il palco e le quinte del teatro itinerante mostrano un disegno massonico, identico alla scenografia dell'ultima edizione del Festival di Sanremo...

Credo che Gilliam, nell’intricata sceneggiatura abbia codificato, oltre ad emblemi densi di suggestioni, un messaggio quanto mai scabroso: Tony si è arricchito con un’organizzazione non governativa che, fingendo di occuparsi di bambini bisognosi, ne preleva gli organi. Nell’intreccio incalzante ed involuto, questa denuncia quasi non si avverte, ma la morte di Ledger durante la lavorazione ha il sentore di un sinistro presagio, di un inquietante avvertimento...

[1] Heath Ledger morì il 22 gennaio 2008.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

05 marzo, 2014

Corrispondenze


Bisogna aver paura solo della viltà.

Le affinità tra le cosiddette apparizioni mariane ed eventi ufologici sono state esplorate. Le analisi, però, si sono per lo più concentrate sulle somiglianze fenomenologiche: sono state così messe in luce le analogie formali tra la sedicente Beata Vergine Maria e taluni visitatori, fra la “danza del Sole” e le sfere luminose etc.

Nondimeno, se si focalizza l’attenzione sui contenuti delle profezie mariane per compararli con i messaggi ricevuti da alcuni contattisti, si rilevano somiglianze ancora più strette talora sino ad una perfetta sovrapponibilità.

Proviamo a collazionare i tratti salienti di queste comunicazioni.

Profezie mariane
Formidabili tribolazioni attendono l’umanità, con catastrofi naturali (sic), guerre, carestie.
Profezie aliene
Si prospetta un’era di cataclismi, conflitti, povertà diffusa.

Vaticini mariani
Le avversità dipendono dalla condotta del genere umano che persevera nei suoi peccati e nelle sue trasgressioni della legge divina.
Vaticini alieni
Le sofferenze e le calamità sono dovute ad un’umanità che è recalcitrante a cambiare stile di vita ed a por rimedio ai suoi errori.

Predizioni mariane
Le guerre che insanguinano il pianeta sono la conseguenza dell’egoismo, dell’odio, del nazionalismo.
Predizioni aliene
Le conflagrazioni scaturiscono dalla discordia tra i popoli, dallo sciovinismo e dal revanscismo.

Presagi mariani
Non tutto è perduto. Il destino non è segnato. Se gli uomini si convertiranno, con la preghiera, la penitenza ed il digiuno, l’ira del Padre potrà essere stornata.
Presagi alieni
Non tutto è perduto. Il destino non è segnato. Se la società umana mostrerà segni di ravvedimento, si potrà evitare l’autodistruzione.

Come si può notare attraverso questa rapida sinossi, gli addentellati tra omelie mariane ed informazioni extraterrestri(?) non sono infrequenti. Non solo, le ammonizioni sono accomunate da un trait d’union: la responsabilità dei disastri è dell’umanità, accusata di ogni scelleratezza in modo indiscriminato e generico. Mai un cenno ai governi o alle istituzioni, mai una ferma condanna dei militari o dei vertici politici: che moltissimi cittadini in tutto il mondo si siano opposti all’uso dell’energia nucleare anche in ambito civile, non conta alcunché. Che la contaminazione di Gaia sia la ripercussione di gestioni criminali inerenti allo “smaltimento” di rifiuti tossici e non del cittadino che, espirando, produce biossido di carbonio, non conta alcunché.

L’inquinamento, con tutto il corollario di flagelli apocalittici, è provocato dall’azione dissennata dei singoli e non dalle sciagurate iniziative delle classi dirigenti. Si cerca sempre di infondere un senso di colpa, si affetta un atteggiamento moralistico, predicatorio che circoscrive ogni problema in un’angusta ottica catechistica, avulsa dall’indagine di cause e di nessi politico-economici.

Se lo stile dei messaggi cattolici e quello che connota i moniti alieni è differente, come è differente il taglio, in un caso “religioso”, nell’altro laico, la sostanza è, invece, grosso modo coincidente. Chi è l’Agente che si cela dietro codesti ferali oracoli? Qual è il suo vero scopo? Perché veggenti e contattisti paiono ridotti in uno stato di totale soggezione nei confronti dei vati?

Più degli scenari evocati, delle velate minacce, inquietano le censure, le omissioni ed i silenzi. Sono silenzi pieni di inganni.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

03 marzo, 2014

Sospensione


E’ negli istanti assenti che si può rivelare la direzione. Quando all’improvviso il tempo sembra sospeso sull’abisso, si vede oltre. Succede quando una composizione musicale è di botto fratturata da una pausa inattesa: è un attimo che si eterna, un buio che si illumina di folgori. Succede quando lo sguardo si fissa sulla pagina di rispetto: il vuoto delle facciate accoglie già tutte le parole del libro che ci accingiamo a leggere, come il bianco contiene e compendia tutti i colori. Succede quando uno scorcio si squaderna sull’oceano dello spazio.

In quel punto senza dimensioni possiamo scrutare l’ignoto, scoprire l’essenza, precipitare nel silenzio e nella notte radiosa dell’anima. Lì precipitare significa ascendere, sfiorare il soffitto di un cielo che non conosce confini.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

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