30 aprile, 2014

Tesla e Reich: contatti con gli extraterrestri? (prima parte)


Nikola Tesla e Wilhelm Reich sono due figure piuttosto simili pur nelle inevitabili differenze:

• entrambi appartengono, per così dire, ad una scienza border line;
• ambedue furono ricercatori geniali ed eterodossi;
• sia l’uno sia l’altro furono spesso incompresi e, soprattutto Reich, perseguitati dal sistema;
• Tesla e Reich si imbatterono nella questione extraterrestre;
• di entrambi, infine, alcuni studi furono requisiti dall’F.B.I.

In questa breve indagine, vorremmo soffermarci sul nesso tra questi due “giganti” e presunte civiltà extraterrestri.

Nikola Tesla, uomo di genio, inventore autodidatta nacque a Smiljan (nell’attuale Croazia) il 10 luglio 1856. Suo padre era un pope della Chiesa ortodossa serba; sua madre era una donna di genio, di grande inventiva e dalla memoria prodigiosa. Le origini sono umili. A diciassette anni, Nikola cominciò a vedere nella mente delle immagini d'apparecchiature, come se fossero state proiettate davanti a lui su uno schermo. Principiò a mettere a punto questi dispositivi senza disegni, schemi e calcoli ma per semplice memoria visiva, riuscendo sempre a farli funzionare. Tesla aveva il potere di memorizzare all'istante tutto quello che vedeva, anche una pagina intera di qualunque libro, senza leggerla, solo con un colpo d'occhio. Era una portentosa facoltà ereditata dalla madre.Trasferitosi negli Stati Uniti, inventò un ripetitore telefonico ed un metodo per produrre correnti alternate ad alta tensione e ad alta frequenza. La corrente alternata, appunto che tutti noi oggi usiamo, si deve a lui.

Il geniale inventore, già ai primi del XX secolo, aveva dichiarato di aver progettato un’autovettura in grado di alimentarsi grazie alla corrente presente naturalmente nell'etere. Era una fonte di energia infinita, sicura e pulita.

L'acquisizione più importante dell'inventore slavo riguarda l'energia libera, che è presente in tutto l'universo e con cui creò apparecchi avveniristici, per ogni genere di necessità: sono apparati che funzionano senza fonte artificiale e che dunque non necessitano di energia prodotta da centrali e distribuita da tralicci e cavi con conseguente inquinamento elettromagnetico. Egli poteva manipolare l'etere a suo piacimento: l’etere sembrava svelargli i suoi misteri e si lasciava adoperare in tutti i modi, senza mai danneggiarlo.

Nel 1943, anno in cui Tesla morì, tutti i documenti dello scienziato sul raggio della morte ed altri schemi e progetti furono misteriosamente trafugati. Parte di quei documenti è stata citata in un documento segreto del governo statunitense su un’arma ad elettroni (documento declassificato nel 1980). Il principio è quello di sparare contro il bersaglio un "proiettile" di energia, composto da materia elettricamente carica composta da elettroni, neutroni e protoni. Il tutto avviene attraverso un processo di ionizzazione dell’aria. L’applicazione letale di questa tecnologia è stata chiamata Pulsed Impulsive Kill Laser (P.I.K.L.). Una bella eredità, non c'è che dire... proprio come le armi sismiche, di cui Tesla è, suo malgrado, l’ideatore.

L'invenzione più bizzarra fu il teslascopio, una ricetrasmittente progettata con lo scopo di comunicare con forme di vita extraterrestre.

Lo strumento divenne popolare in seguito ad un'intervista rilasciata dallo scienziato e pubblicata dal “Time” il 20 luglio 1931 all’interno di una sezione dedicata a commemorare i settantacinque anni dell’inventore.

Ho concepito un dispositivo che permetterà all'uomo di trasmettere energia in grandi quantità, migliaia di cavalli, da un pianeta ad un altro, senza alcuna problema di distanza. Penso che nulla sia più importante della comunicazione interplanetaria che di certo un giorno avverrà e la certezza ci siano altre forme di vita nell'universo che lavorano, che soffrono, che si struggono, come noi, produrrà un effetto magico sull'umanità, creando una fratellanza universale che durerà finché l'uomo avrà vita”.

Mentre compiva ricerche sull'elettricità atmosferica, Nikola Tesla si imbatté in alcuni segnali periodici che ritenne appartenessero a qualche sorgente non-terrestre. Alcune ricerche hanno Tesla aveva forse ricevuto un segnale radio astronomico simile a quelli generati dalla magnetosfera di Giove?

Nel 1896 Tesla dichiarò in un'intervista:

La possibilità di riuscire ad interagire con i Marziani è l'estrema applicazione del mio principio di propagazione delle onde elettriche, principio che potrebbe essere ben applicato per la trasmissione di notizie in ogni luogo del pianeta...Ogni città del globo si troverebbe come su un immenso circuito. In questo modo una notizia inviata da New York giungerebbe nel Regno Unito, in Africa, in Australia in un istante. Che grande cosa sarebbe!

L'annuncio di Tesla circa i segnali elettromagnetici extraterrestri del 1899 ed i successivi non furono visti di buon occhio dalla comunità scientifica del tempo.

Non potrò mai dimenticare la sensazione che ebbi quando capii di esser stato spettatore di qualcosa che avrebbe probabilmente avuto incalcolabili conseguenze sull'umanità. Mi sentii come se avessi appena assistito alla nascita di una nuova conoscenza o alla rivelazione di una grande verità. Persino ora, ad esempio, posso vividamente richiamare l'avvenuto. La prima osservazione che feci chiaramente mi atterrì, essendo presente in essa qualcosa di misterioso, non definibile sovrannaturale […] I cambiamenti che notai avevano luogo periodicamente e con una chiara sequenza di numeri e serie che, però, non avevo mai sentito fino ad allora. Certo, era familiare a simili interferenze elettriche generate dal Sole, dalle aurore boreali o dalla corrente terrestre ed ero perfettamente sicuro che queste variazioni di segnale non erano dovute a nessuno di queste cause. La natura dei miei esperimenti precludeva la possibilità che si avessero cambiamenti provocati da interferenze atmosferiche. In seguito passò poco tempo finché non giunse il pensiero, fulmineo, che le interferenze da me osservate potessero essere causate da un controllo intelligente. Tuttavia non riuscii a decifrare il loro codice. Il sentimento che sta via via crescendo dentro di me è che io sia stato il primo ad aver assistito al saluto di un pianeta ad un altro. Vi era un obiettivo dietro questi segnali elettrici e fu con questa convinzione che annunciai alla Red Cross Society, quando mi venne chiesto di indicare una delle più grandi conquiste dei futuri cento anni, che sarebbe stata pobabilmente la conferma e l'interpretazione di quanto questi pianeti vogliano dirci. Da quando sono tornato a New York, alcuni urgenti lavori hanno consumato la mia attenzione, ma non ho mai smesso di pensare a quegli esperimenti ed osservazioni che compii in Colorado. Cerco in ogni modo di perfezionare i miei apparecchi di laboratorio e, non appena saranno pronti, riprenderò le mie ricerche dal punto in cui le ho dovuto lasciare”.

Nel 1902, mentre era intento a visitare gli Stati Uniti, Lord Kelvin disse di concordare con Tesla sul fatto che Marte stesse inviando segnali agli Stati Uniti.

Nel 1909 Tesla affermò:

Non abbiamo alcuna prova che Marte sia abitato [...] Personalmente ho la mia debole convinzione che le interferenze elettriche che ho scoperto nel 1899 e che concordano con le mie analisi, siano state provocate dal Sole, dalla Luna o da Venere. Alcuni studi da me eseguiti in seguito dimostrarono che dovevano essersi necessariamente propagati da Marte”.

Mentre nel 1909 il prof. Pickering annunciava la sua idea di creare una serie di specchi in Texas, con l'obiettivo di segnalare presenze di Marziani, Tesla introdusse la sua idea di comunicare con altri pianeti.

L'idea stessa naturalmente presuppone che questi specchi dovranno essere creati in modo da riflettere il sole in raggi paralleli. Al momento questo è quanto l'uomo può ottenere, ma nessuno può porre limiti al futuro ed alle nuove conquiste dell'uomo.[…] Questa combinazione di strumenti si ritrova nel mio trasmettitore senza fili. È evidente, dunque, che nei miei esperimenti del 1899 e 1900, io già creai interferenze sul segnale di Marte, interferenze incomparabilmente più potenti di quanto si potesse ottenere da un qualunque riflettore luminoso, di qualunque larghezza”.

Nel 1921 Tesla scrisse a propsito della sua esperienza, in merito alla quale credeva che i segnali provenissero da Marte, escludendo la previsione del 1901 secondo la quale i segnali che ricevette si sarebbero potuti originare da Venere, anziché dal pianeta rosso.

Alcuni potrebbero schernire questa affermazione sulla comunicazione con i nostri divini vicini, come per Marte o potrebbero pensarla come una burla, ma sono stato profondamente convinto da quel segnale da quando compii la prima osservazione a Colorado Springs. A quel tempo non esisteva alcun altro sistema wireless al di fuori del mio che potesse provocare un'interferenza tale da poter essere percepita oltre poche miglia. Per di più le condizioni in cui realizzai l'esperimento erano ideali ed ero ben ispirato nel mio lavoro. Il carattere delle interferenze che registrai precludeva ogni possibilità sulla loro natura terrestre ed eliminai, inoltre, gli influssi che Sole, Luna o Venere avrebbero potuto originare. Come allora annunciai, il segnale consisteva in una regolare ripetizione di numeri e successivi studi mi hanno convinto che dovevano essersi propagati da Marte, il pianeta che proprio in quel momento passava vicino alla Terra”.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

26 aprile, 2014

Lo stravolgimento della giustizia nei sistemi attuali

Nulla oggi è storto quanto il diritto. La giurisprudenza è decaduta nella teoria come nella prassi. Si può forse definire giustizia quel ginepraio di norme in cui ci si perde come Dante nella “selva oscura”?

Non è ammissibile che il diritto, le cui regole dovrebbero essere adamantine ed ispirate ai più nobili valori, traligni. Indigna la corruzione del diritto, ma ancora di più che si levino poche voci a deplorarla, a condannare una “giustizia” ormai ridotta a mero strumento di coercizione.

Ci stiamo assuefacendo ad azioni extra legem: è normale che la Cassazione, il cui ruolo dovrebbe essere appunto quello di cassare, ossia cancellare le sentenze di secondo grado per ragioni procedurali e formali, decida di riavviare un processo? Il principio “ne bis in idem” è stato affossato con la conseguenza che si instaurano azioni penali interminabili. L’altro cardine giuridico, “in dubio pro reo” è da tempo del tutto sgangherato.

Si afferma che la “giustizia” italiana mutua alcuni suoi limiti dalla giurisprudenza romana. Bisogna essere precisi: il diritto a Roma era incentrato non su un corpus normativo, ma sulle sentenze precedenti, un po’ come avviene oggi – in linea teorica - nei paesi anglosassoni. E’ semmai l’eredità giustinianea del Codex a costituire la premessa di una giurisprudenza “chiusa”, rigida e che ambisce a regolare astrattamente una casistica articolata, complessa, talora contraddittoria.

Invero, non è che un sistema sia migliore dell’altro: se si applicano con rigore i princìpi di equità e di imparzialità, i due paradigmi giuridici si equivalgono. Bisogna, però, rilevare che il rischio del modello giustinianeo, avulso dalla considerazione delle circostanze più disparate, è quello del summum ius, summa iniuria.

Il problema reale è un altro ed è un problema spaventoso: la giustizia dovrebbe essere amministrata da persone integerrime, di comprovata equanimità e, last but not least, coltissime, perché il loro compito è assai delicato. La cultura è condicio sine qua non per esaminare accidenti difficili, controversi, ispirandosi alla saggezza dei giurisperiti e dei filosofi più eccellenti. Non si confonda la cultura con l’erudizione: in qualsiasi campo l’erudizione è più perniciosa che inutile, laddove la cultura è profondità, abitudine al discernimento e purezza di intenti. L’ignoranza della lingua italiana, fenomeno che aggredisce e corrode anche la categoria dei magistrati, è indizio di inquietante villania, di inadeguatezza per un ufficio in cui specchiata moralità e sapere sono interdipendenti. Solo l’uomo probo può essere veramente colto.

Orbene, nascono due o tre uomini in un decennio con i requisiti sullodati e di solito non intraprendono la carriera giudiziaria. Possiamo dunque pensare che, nel momento in cui valutiamo la “giustizia” nel mondo attuale, essa non sia piuttosto una sua grottesca caricatura al punto che sarebbe senz’altro preferibile non esistessero né tribunali né magistrati né processi né verdetti?

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23 aprile, 2014

Dal Logos all'afasia

Nota. Lo spunto della presente riflessione mi è stato fornito da una conversazione intercorsa con l'amico Wlady.

Forse una delle idee più aberranti, ma, al tempo stesso più fortunate è quella di evoluzione. Gli esseri viventi e soprattutto l’uomo progrediscono verso mete sempre più alte. L’umanità si incammina verso un mondo sempre più giusto e libero. La Scienza propizia l’avanzamento del pianeta. Lo stesso universo evolve.

Non è così, come ci insegna il Sapere tradizionale. La transizione dal Mito alla Storia è caduta. La coscienza degli antichi si è obnubilata nel torpore attuale. La lingua, che è la controparte del pensiero, si è atrofizzata. E’ una corrispondenza biunivoca: senza pensiero non si genera linguaggio e viceversa. Infatti il Logos è, al tempo stesso, idea e suono, concetto e parola. E’ l’Idea adamantina prima che essa si contamini nella materia.

Il declino linguistico è solo la superficie di una disgregazione profonda, ontologica. L’essere umano si è disallineato, dislocato rispetto a sé stesso: ha perso il baricentro. La sua mente è un groviglio di pregiudizi, il suo linguaggio è misero, stereotipato. La capacità di ragionare e di riflettere si è emulsionata. L’intuizione e la fantasia si sono estinte.

È sufficiente confrontare gli intellettuali di un secolo fa con l’”intellighenzia” di oggi per rilevare un abisso. Spia linguistica della decadenza verticale, piccolo ma significativo saggio di questo crollo, è l’invasione del verbo tappabuchi “fare”.

Viviamo nell’era della dislessia, della dislalia. Lo stesso silenzio non è più sinonimo di concentrazione interiore e di introspezione, ma afasia.

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20 aprile, 2014

Crisi economica e snaturamento dei ruoli all'interno dei nuclei familiari


L’attuale crisi economica, in verità un declino programmato, sta causando innumerevoli danni e tragedie: inquietano soprattutto i suicidi di imprenditori oberati di debiti (o - non sembri paradossale - di crediti pressoché inesigibili) e taglieggiati dal fisco. Addirittura ogni due giorni e mezzo si uccide un lavoratore autonomo. E’ una carneficina che grida vendetta e di cui sono diretti responsabili i governi, vere associazioni a delinquere.

Il crollo produttivo ed il dissesto sociale incidono pure sugli equilibri dei rapporti familiari: com’è noto, i giovani, non trovando impiego, privi del tutto o quasi di un reddito proprio, restano a vivere con i genitori. In questa maniera il vincolo con il nucleo familiare non è reciso e l’adolescenza si prolunga indefinitamente. Questo è un fenomeno che è stato studiato, mentre non si attribuisce la debita attenzione al fatto che, se le nuove generazioni permangono in un limbo, anche padri e madri smarriscono la loro posizione ed identità, dimostrandosi non di rado più puerili e fatui della prole. Ne sanno qualcosa gli insegnanti che devono confrontarsi con adulti infantili ed iperprotettivi, più immaturi dei loro rampolli. Soprattutto i parenti non comprendono che i figli hanno bisogno di autonomia, di spiccare il volo con tutti i rischi connessi. Viene in mente un monito del sensibilissimo scrittore libanese Kahil Gibran: “Ricorda che i tuoi figli non sono i tuoi figli”. E’ così: essi sono individui che, una volta procreati, hanno già in nuce il loro destino, la loro dimensione.

Come il Profeta i figli dovrebbero risolversi per l’egira, ossia per una “rescissione dei legami” familiari. E’ questo, infatti, il vero significato di egira, tradotto dagli ignoranti ora con “fuga” ora con “migrazione”. E’ evidente che spezzare certe catene è difficile e doloroso: spesso le catene sono d’oro. Eppure è necessario, se si intendono evitare attriti ed incomprensioni, se ci si vuole costruire un’esistenza autentica nonché evitare lo snaturamento del proprio ruolo: chi nel mondo attuale sa vivere e sa morire a prescindere dall’età anagrafica?

E’ necessario ma, nella stragrande maggioranza dei casi, oggi non è possibile e non solo per situazioni empiriche. Sono lontani i tempi in cui ad ogni età dell’esistenza corrispondeva un modo di essere, uno stadio interiore, una visione del reale. Oggi ci si incammina verso la fine impreparati e si vive, senza aver mai vissuto.


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18 aprile, 2014

Blue planet project


Il documento “Blue planet project” è un testo attribuito ad alcuni scienziati statunitensi (Jefferson Souza in primis) che avrebbero raccolto testimonianze ed indizi in merito ad avvistamenti di U.F.O., contatti con alieni e via discorrendo. E’ arduo stabilire se il dossier sia genuino o no: comunque, anche qualora si trattasse di un libro spurio del tutto o in parte, delinea un quadro che globalmente conferma le conclusioni cui sono giunti decine di ricercatori in più di mezzo secolo.

“Blue planet project” è una summa della Xenologia: spazia dagli schianti di velivoli non terrestri al Majestic 12, dalla battaglia di Dulce alle basi sotterranee, dalle razze esterne alle misteriose mutilazioni animali, dai rapimenti agli impianti... Dati, ricostruzioni, resoconti, analisi, ipotesi sono passati in rassegna in questo dossier spiazzante, per la mole di informazioni che offre e per la loro straordinarietà.

Dal documento è stata tratta una serie televisiva, dall’omonimo titolo, i cui autori cercano di trovare il bandolo della matassa, di districarsi tra scenari e congetture spesso divergenti. Il programma è pregevole soprattutto sotto il profilo stilistico: post-produzione accattivante, montaggio serrato, interviste efficaci, immagini che rincalzano i contenuti letti dalla voce narrante.

A nostro parere, il prodotto è soltanto incrinato dal tentativo di formulare una spiegazione onnicomprensiva, ossia gli Altri sono malvagi o benevoli? Se si enfatizza la prima ipotesi, escludendo la seconda, si rischia di coagulare il consenso della popolazione mondiale attorno agli scellerati governi che non intendono certo proteggerci da minacce esterne, ma trarre il maggior profitto possibile dalla “congiura del silenzio” nonché neutralizzare eventuali civiltà evolute. Se si abbraccia, invece, la seconda eventualità, ci si infila in un cul de sac, l’analisi si avvita su sé stessa e non si sa più a chi attribuire gli evidenti influssi deleteri delle specie allotrie sull’umanità. Sono influssi plurimillenari di entità carnefici, non necessariamente creature di altri pianeti. E’ plausibile che esistano visitatori indifferenti ed altri benevoli, ancorché defilati, ma il complesso militare-industriale si è alleato con farabutti cosmici.

Se si usa il discernimento, evitando la generalizzazione per imparare a distinguere i vari casi, a raccordare i diversi addentellati, il quadro complessivo risulterà complesso ma non sfocato e distorto, come quando ci si ostina in un’interpretazione unilaterale di fenomeni spesso incerti, controversi.

La messa in onda di “Blue planet project” ci offre la ghiotta occasione per rispolverare alcuni capitoli di una disciplina tanto negletta quanto istruttiva: la verità a volte passa per la stretta cruna di ciò che disdegniamo.

Peter Pasini, il marchio di un rapito, 2009

La strage degli ufologi, 2010

Il rapimento di Myrna Hansen, 2010

Il codice binario di Rendlesham, 2011

Messaggi dall'universo, 2011

Karla Turner: quando il dubbio scotta più della verità, 2012

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15 aprile, 2014

La crisi ucraina: una visione critica


Il presente appartiene agli uomini, ma il futuro agli dei.

Molti si chiedono se la crisi ucraina sia destinata a precipitare. E’ il preludio di un Terzo conflitto mondiale? Risponderei in modo ambivalente: no e sì. No, perché è sempre possibile che la traiettoria degli eventi cambi ex abrupto. Sì, in quanto ciò che è destinato ad accadere, accadrà: infatti tutto è già accaduto nell’istante atemporale, inoltre, se un evento non si verifica in questa dimensione, succede in un’altra.

Si sono versati e si versano tuttora fiumi di inchiostro per analizzare le cause profonde, i risvolti, i retroscena delle tensioni internazionali che hanno come teatro l’Ucraina. Purtroppo siamo alle solite: non si supera il consueto e radicato dualismo per cui si pensa di assistere ad un conflitto tra Occidente e Russia. Questa è solo la superficie, per quanto significativa, degli avvenimenti. Come spesso è avvenuto nella storia contemporanea, i due schieramenti sono manovrati da un unico regista: ricordiamo la Seconda guerra mondiale con il Tripartito (RO.BER.TO.) finanziato e sostenuto da chi finanziava e sosteneva gli Alleati. Le carneficine, le distruzioni furono reali, ma la contrapposizione, almeno ai vertici, era finta. La feccia mondialista usò la deflagrazione come arma per creare l’O.N.U., secondo il solito schema dialettico: problema, reazione, risoluzione. Gli aerei della Lutwaffe non sarebbero stati in grado di decollare, senza un additivo che era venduto al Terzo Reich da industrie occidentali né i Tedeschi avrebbero potuto organizzare e gestire i campi di lavoro senza il contributo dell’I.B.M.

Non saremo molto distanti dalla verità se riusciremo ad intravedere, di là dagli interessi economici che pure sono rilevanti, di là dagli stessi equilibri geopolitici, la longa manus della Compagnia fondata nel 1540. L’attacco alla Russia è soprattutto aggressione alla Chiesa ortodossa russa nei confronti della quale i Gesuiti sono animati da odio incoercibile?

Che scoppi o non scoppi un conflitto su larga scala, conclusosi il braccio di ferro, l’assetto internazionale sarà ridisegnato verso un’ulteriore semplificazione del quadro con la supremazia di superstati (Stati Uniti, Unione europea, Russia, Cina...) destinati a diventare sempre più potenti.

Tutte le persone con un briciolo di intelligenza possono solo esecrare l’Impero di USAtana, la diabolica Europa, i banchieri ed i profittatori che fomentano le “rivoluzioni colorate”, rovesciando governi a loro sgraditi. Tuttavia dubitiamo che Putin, pur più simpatico del pu-pazzo della Casa Bianca, sia il salvatore dell’umanità. Si sparge del sangue innocente: i popoli sono carne da cannone. Questa è, come la definì Hegel, “la prosa del mondo”. La Storia continua il suo percorso, noncurante del destino dei singoli. La Storia se non possiede una logica, una ratio, adombra un imperscrutabile significato, una labile filigrana. A noi comuni mortali non resta che adeguarci.

Gli economisti dovrebbero imparare a tacere: le interpretazioni marxiste degli eventi segnano il passo, mentre dovrebbero essere i filosofi e pure i fisici a cimentarsi nell’interpretazione delle dinamiche umane, enucleando i nessi tra microcosmo e macrocosmo, tra le recondite leggi della natura ed il mondo delle cose in movimento. Ci potrebbero anche aiutare a comprendere qual è il ruolo degli uomini in questa tragicommedia di cui non conosciamo né la fine né il fine.

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13 aprile, 2014

I Pleiadiani di Patrizia Cinotti: ombre sul contattismo

Patrizia Cinotti è una naturopata. Vive e lavora a Verona.

La sua vita conobbe una svolta la notte del 31 gennaio 2009, quando una luce inondò la camera in cui la donna dormiva. La Cinotti si accorse che il suo corpo stava ascendendo, avvolto in quel bagliore ed in una sensazione di beatitudine. Si avvide poi di trovarsi in un’astronave dove fu accolta da tre creature di notevole statura e fasciate in tute color cobalto dai riflessi argentei. Fra gli anfitrioni una donna con i capelli a caschetto e sulla cui uniforme facevano bella mostra di sé degli alamari. Ella accolse la Cinotti con un affabile: “Ben tornata a casa, diletta. Siamo Pleiadiani”. Il dialogo continuò: l’extraterrestre, di nome Mara, chiese all’ospite se volesse restare con loro. Le fu poi mostrata su uno schermo una visione del futuro, con la Terra radicalmente trasformata ed immersa nelle tenebre. Infine le fu chiesto se volesse diventare un’ambasciatrice della Federazione galattica, il cui leader è l'inossidabile Ashtar Sheran. La Cinotti accettò, dunque i Pleiadiani le iniettarono un liquido nell’arteria femorale della gamba destra: attraverso questa iniezione ella sarebbe rimasta in contatto telepatico con gli ufonauti.

Da allora la contattata riceve quotidianamente dei messaggi telepatici per mezzo della scrittura automatica. Inoltre ha fotografato in varie circostanze i vascelli spaziali dei Pleiadiani. Gli scatti, secondo il parere degli esperti, sono genuini.

Storia emblematica quello della Cinotti: si inquadra a pieno titolo nel fenomeno noto come “contattismo”. Il contattismo, i cui giganti sono George Adamski e Billy Meier, araldo dei Pleiadiani proprio come la Cinotti, sebbene abbia vissuto la sua stagione d’oro negli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, séguita a stupire e ad inquietare, soprattutto perché oggi è talora innestato nella casistica dei rapimenti.

Caso da manuale, si diceva, per la presenza di alcune invarianti. Elenchiamole per poi soffermarci sugli aspetti salienti dell’esperienza.

• Il contatto
• Il breve soggiorno in un’astronave
• L’anticipazione di eventi futuri sotto forma di immagini che mostrano calamità
• Il congedo preceduto da un intervento invasivo sul corpo dell’experiencer
• Il proseguimento dei contatti per lo più attraverso la scrittura automatica

Come giudicare il racconto della Cinotti? Siamo propensi a ritenere che la donna abbia raccontato un vissuto realmente occorsole. I problemi sorgono, allorquando si analizzano le comunicazioni ricevute, ogni volta in cui si considerano risvolti che, visti sotto una luce adeguata, risultano sinistri. Il commiato da interlocutori all’apparenza tanto saggi e benevoli è, come nel caso di Sixto Paz Wells e di altri, suggellato dall’impianto di un microprocessore oppure è seguito dall’individuazione di cicatrici.

I discorsi, anzi le omelie, dei Pleiadiani traboccano di tutto quel bric à brac pseudo-ecologista cui purtroppo siamo avvezzi: se l’umanità (i criminali governi non sono menzionati) non cambierà rotta, il pianeta sarà devastato da inondazioni, incendi, sismi, quantunque alla fine i Pleiadiani, pur senza interferire con il nostro libero arbitrio, metteranno in salvo i superstiti, portandoli sulle loro navi spaziali. Ci sembra di aver già letto da qualche parte questa sceneggiatura.

Ad onor del vero, bisogna riconoscere che le informazioni della Cinotti esulano da codesto arcinoto canovaccio per toccare altri argomenti, ad esempio il tema delle sfere, le stesse che non di rado si vedono saettare attorno agli aerei chimici. Scrive la naturopata: “Sono sfere di luce. Essi usano vari mezzi per farsi vedere: astronavi, ricognitori e ultimamente le sfere di luce. Si tratta di plasma. Le chiamano ‘sentinelle’: sono un tramite tra noi e loro”.

Sono notizie interessanti: da un lato si raccordano ad Adamski ed alle sue “anie”, dall’altro confermano quanto ipotizzato da alcuni ricercatori, ossia che i globi sono formati da plasma.

A differenza di altri contactees che ignorano entità malevole, la Cinotti accenna ad esseri negativi, i Rettiliani. Essi sono descritti come aggressori notturni intenti ad interferire con il percorso evolutivo degli uomini.

La nostra impressione è la seguente: l’esperienza della Cinotti è autentica, ma adombra quasi certamente il solito inganno. Anche solo la citazione di Ashtar Sheran, strenuo sostenitore di Barack Obama, e l’evocazione della sedicente Federazione galattica dovrebbero farci drizzare le antenne. [1] Non è una coincidenza se la donna sfiora il soggetto par excellence, la geoingegneria clandestina, quando indugia sul ruolo delle sfere, ma poi ci delude, poiché non fornisce neppure un ragguaglio sulle chemtrails. E’ come se un visitatore si recasse al Louvre ed ammirasse tutte le opere di artisti “minori”, non degnando neppure di uno sguardo la “Gioconda” leonardesca. [2]

Misteri del contattismo e dell’ufologia ottimista…

Fonti:

Associazioneoperativaet.it
G. Lombardi, Avvertimento dalle Pleiadi, in X Times n. 66, aprile 2014


[1] E’ sufficiente osservare i simboli associati all’iconografia di Ashtar Sheran per comprendere che questo “angelo tecnologico” è il frutto velenoso di un’abile impostura.

[2] Che la mistificazione possa annidarsi in ogni dove è dimostrato anche dall’edificante storia di “Amicizia”: si veda di Sebastian D.F. Cescato, “Dietro le quinte”, in X Times n. 66, aprile 2014. In generale si potrebbe concludere che accade con certo contattismo quanto avviene con le sedute medianiche, abissi sull’inferno scambiati per sentieri verso il Cielo.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

11 aprile, 2014

Naufragio con spettatore


Lo studioso tedesco Hans Blumenberg, analizzando il proemio del II libro appartenente al De rerum natura di Lucrezio, ha compendiato il rapporto tra il saggio epicureo e la realtà attraverso un efficace titolo, cioè “Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora sull’esistenza”. Il filosofo epicureo, infatti, contempla da lontano la burrasca che sballotta la nave su cui viaggiano i mortali, non partecipe di fronte allo spettacolo di un’umanità preda di insane passioni, sempre bramosa di piaceri e di successi, ma ognora inappagata.

A distanza di molti secoli, il poeta Valerio Magrelli nel componimento “Il confine tra la mia vita”, rivisita e rielabora il tema, evidenziando la contigua distanza tra noi e gli altri, l’incolmabile prossimità tra chi è di là e di qua dallo schermo. Lo spartiacque che separa i “sommersi” ed i “salvati” oggi è il confine televisivo, finestra cui si affacciano ciechi che tutto vedono. Lo spettatore assiste alla carneficina della storia umana, appena sfiorato da sequenze piatte nella loro plastica atrocità.

E’ stato il caso o il destino a scaraventare alcuni sulla sponda dell’orrore e ad adagiare altri sulla riva di sabbia dorata? Da che cosa dipende questa disparità?

Guardiamo con indifferente empatia, con estranea partecipazione, sperando ci sia risparmiato di essere risucchiati dall’altra parte, mentre la marea sale lenta, inavvertita…

Il confine tra la mia vita e la morte altrui
passa dal divanetto di fronte alla tv,
pio litorale dove si riceve
il pane dell’orrore quotidiano.
Davanti all’ingiustizia che sublime
ci ha tratti in salvo per farci contemplare
il naufragio da terra,
essere giusti rappresenta
appena la minima moneta
di decenza da versare a noi stessi,
mendicanti di senso,
e al dio che impunemente
ci ha fatto accomodare sulla riva,
dal lato giusto del televisore.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

08 aprile, 2014

Api


I veri studiosi sono simili alle api: come questi imenotteri volano sui fiori di differenti specie per suggerne il nettare, così gli uomini amanti della sapienza desumono le idee e gli insegnamenti migliori da diversi libri ed insegnanti, attingendo a fonti disparate.

Come le api, essi si rivolgono soprattutto alla Natura, sapendo che è essa è maestra. Coloro non disdegnano i fiori più umili, all’apparenza insignificanti: ne sanno estrarre l’’ambrosia. I sophoi sono alchimisti: trasformano il nettare in biondo miele, in eburnea cera.

Il loro sapere non è né analitico né scientista, ma sostanziato di ispirazione e di meraviglia. E’ una scienza indistinguibile dall’arte, trasfusa nella bellezza.

E’ una cultura coltivata nel terreno della Vita, con le radici nel mondo e le fronde protese verso l’infinito.

Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

05 aprile, 2014

Superare il riduzionismo antropologico

Il pensiero libero deve essere anche provocatorio.

Il dibattito tra chi sostiene che la specie Homo sapiens differisce dagli animali da un punto di vista meramente quantitativo e chi, invece, crede l’uomo manifesti delle caratteristiche irriducibili rispetto agli altri esseri viventi, è infuocato. Come spesso avviene, il problema in questi termini dilemmatici è mal posto. Se si affrontano le questioni con discernimento, esse diventano meno ostiche e si evitano dicotomie inconciliabili.

Vediamo dunque come si potrebbe approcciare tale spinoso tema. E’ forse errato disquisire di uomini tout court. Piaccia o no, gli uomini non sono tutti uguali: alcuni – abbiamo il coraggio di ammetterlo – sono inferiori agli animali; altri sono senza dubbio, sotto il profilo qualitativo, superiori. Non sono forse dei bruti tutti coloro che oggigiorno sono incapaci di usare i cinque sensi e la ragione, donati loro dalla Natura? Se potessimo immedesimarci in alcuni primati non umani, probabilmente scopriremmo che possiedono sensi più vividi ed un’intelligenza più acuta della massa irragionevole. Coloro che, come ci insegna Giovanni Pico della Mirandola nel “De dignitate hominis”, sono scivolati sul pendio che conduce alll’imbarbarimento, non sono più “uomini”, non appartengono più alla specie Homo sapiens sapiens, avendo subito una mutazione antropologica.

La Bibbia ed altre tradizioni (si pensi soprattutto alla cultura gnostica) sembrano suggerire che l’umanità del passato non coincideva con un’unica specie: coesistettero diversi tipi dissimili da un punto di vista strutturale. Forse da uno dei vari gruppi discendono le cosiddette élites, invero una stirpe degenere di degenerati che definire “umana” è erroneo in rapporto alla loro origine e natura.

Resta un barlume di umanità e di etica in tutta quella masnada di individui che definiamo “negazionisti”? Essi ci sembrano l’incarnazione di una subspecie che pare non avere alcuna speranza o perché a tal punto corrotta da occupare una nuova nicchia biologica, la specie Homo insipiens insipiens, o in quanto derivante da una razza imbastardita cui si accenna in pristini retaggi.

Sono accese le polemiche tra i carnivori ed i vegetariani-vegani: i primi accusano i secondi di essere incoerenti, di difendere gli agnelli, ma non le zanzare. Li incolpano di commuoversi per la mucca ed il maiale mandati al macello, ma di non muovere un dito per tutti i bambini che muoiono di fame e di sete. Quasi sempre queste accuse sono strumentali e pretestuose. Spesso provengono da chi non ha cuore la vita né umana né animale né vegetale. Esistono i Giainisti che, per quanto è loro possibile, cercano di evitare anche l’uccisione accidentale di un moscerino e, accontentando i carnivori, considerano strappare un frutto dall’albero un’azione riprovevole come macellare una capra.

Ora, chi reputa la vita sacra, cerca di rispettarla in ogni sua forma, sebbene ci possa riuscire solo in alcuni casi: chi comincia ad eliminare un po’ di sofferenza dal mondo è da apprezzare, visto che il male non potrà mai essere del tutto annichilito.

Quanto alle zanzare che i vegetariani-vegani non esitano a schiacciare, allorquando questi insetti diventano molesti, quanto ai frutti ed agli ortaggi che finiscono sulle tavole dei sanguinari vegetariani-vegani, non è certo colpa di costoro se la vita si basa, almeno in una certa misura, sulla morte. Bisogna dunque rivolgersi alla Natura o a Dio per tentare di capire per quale ragione il mondo debba fondarsi sul pesce piccolo divorato dal pesce grande, sull’erbivoro sbranato dal predatore. L’Artefice (o chi per Lui) ha generato (o promanato) un universo in cui per alimentarsi occorre, volenti o nolenti, uccidere: in linea teorica, se Egli avesse voluto (o potuto?), la vita potrebbe sostenersi solo con l’etere o qualcosa del genere. Compito dell’uomo non è dunque abolire il male da questa dimensione – è, infatti, impresa impossibile – ma provare a migliorare le condizioni del mondo.

Molte parabole buddhiste narrano di animali che si immolano per salvare vite umane preziose. Se un filosofo vegetariano, la cui benevolenza è destinata ad alleviare le sofferenze del prossimo, decide, spinto dalla fame, di uccidere una lepre e di cibarsene, la sua azione è equiparabile alle crapule carnee di un maldicente che sul pianeta diffonde solo veleni?

Vediamo quindi quanto sia utile il discernimento: ci aiuta a distinguere caso per caso, a non perderci in diatribe infinite. Allora gli uomini sono differenti per natura dagli animali? Alcuni sì ed altri no? Quali uomini? Che cosa s’intende per “uomo”? Vale più la vita di una mosca o quella del principe Filippo d’Edimburgo?

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

02 aprile, 2014

Superare il "darwinismo letterario"

Un disegno tipicamente scolastico vede in Dante l’autore rivolto alle cose celesti, considera Petrarca il poeta in bilico tra immanenza e trascendenza, Boccaccio lo scrittore che valorizza il mondo terreno. E’ uno schema a priori e, come tutti gli schemi, astratto. Si presuppone che la storia letteraria debba avere uno sviluppo, secondo una linea precisa. Tale “darwinismo letterario” inficia la comprensione delle testimonianze artistiche.

Tra i critici è stato soprattutto Vittore Branca ad avallare ed a diffondere l’idea del “Decameron” quale “epopea dei mercanti”, quindi celebrazione dei valori espressi dalla civiltà borghese tardo-medievale: l’intraprendenza, l’ingegno, l’alacrità, l’uso accorto del denaro per creare nuove ricchezze. A ben vedere, però, nel capolavoro del Boccaccio, sono pochissime le novelle incentrate sulle presunte virtù del mercante. Non solo, tale figura o consegue i suoi obiettivi grazie alla fortuna o incarna una mentalità angusta che il Nostro è incline a condannare. Si pensi almeno alla celebre novella “Lisabetta da Messina”: qui la “ragion di mercatura”, lo spirito classista, in contrasto con le ragioni del sentimento, conducono la protagonista alla costernazione ed alla morte.

Il “Decameron” è una Commedia laica che dall’abisso del vizio, incarnato dal mattatore della prima novella, il turpe Ser Ciappelletto, conduce, attraverso le erte dell’esperienza umana, alla vetta della virtù rappresentata da Griselda, esempio di abnegazione talmente sublime da sconfinare nell’inverosimile.

Boccaccio talora vagheggia gli ideali della società cortese e, se non vi aderisce del tutto, è specialmente per il suo lucido realismo: perché ha compreso che l’età cavalleresca è per sempre tramontata. Ciò non lo esime dal guardare con un certo disdegno la nuova realtà: ne riconosce le spinte propulsive, ma, come Dante, intravede la tara di una temperie socio-economica che trova nell’usura e nella spregiudicatezza i suoi perversi capisaldi. Cardini sostiene che il "Decameron" costituisce "un vero e proprio progetto di rifondazione cavalleresca d'un mondo sconvolto dall'avidità e dalla grettezza mercantili".

E’ naturale che una tale rilettura del “Decameron” sfilaccia la tradizionale filigrana esegetica, inducendo ad interpretare i fenomeni storico-letterari secondo criteri più duttili, in grado di rilevare convergenze diacroniche, resistenze, riprese, marce indietro di là dal solito itinerario “evolutivo”.

Siamo abituati a fidarci delle esposizioni preconfezionate, delle versioni accademiche: in questo modo si ottunde lo spirito critico, scopo precipuo, di là delle insincere dichiarazioni di intenti, dei programmi scolastici vergati dal Ministero della pubblica distruzione. E’ quanto persegue chi conosciamo bene.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

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