20 novembre, 2014

Controversie cosmologiche


A volte si ha l’impressione che la cosmologia abbia la stessa plausibilità degli oroscopi pubblicati sui rotocalchi popolari. (1) Gli astronomi ed i cosmologi studiano oggetti lontanissimi nello spazio e nel tempo e solo in alcuni casi possono adottare con rigore i criteri del blasonato “metodo scientifico”, sostituito dall’abduzione, se non da astruse speculazioni. Stephen Hawking ha impiegato (sprecato?) anni ad investigare i buchi neri, cui ha dedicato pure dei saggi incomprensibili a partire dalla terza riga, per poi un bel giorno cambiare idea: i buchi neri non esistono.

Probabilmente hanno ragione quei fisici quantistici che, ricordando come nell’universo nulla possa essere distrutto (tutto si crea e niente si distrugge), contestano l’esistenza dei black holes, in quanto essi annichilirebbero l’informazione. Tuttavia nelle sue scorribande, forse Hawking non è lontano dal vero, quando ipotizza che il cosmo potrebbe essere originato dal nulla: è una concezione in fondo non molto dissimile da certe antiche dottrine gnostiche, secondo cui l’essenza ancestrale donde tutto promanò è un Abisso di Silenzio.

Per la coincidentia oppositorum Dio ed il Nulla potrebbero combaciare, almeno per le loro potenzialità creative: è quanto, mutatis mutandis, congetturano molti fisici quantistici che ritengono il nulla instabile, quindi misteriosamente in grado di generare qualcosa, in primis le particelle virtuali.

Dunque, quando lo scienziato britannico sostiene, con una certa sicumera, che l’Essere supremo non esiste, dal momento che la materia-energia è creata dal nulla, pur senza esserne consapevole, ammette anche il contrario.

Da queste considerazioni si evince come la cosmologia tenda ad infilarsi sovente in un cul de sac o a scivolare lungo il pendio delle questioni teologiche. In questi come in altri campi, bisognerebbe dimostrare onestà intellettuale, evitando di spacciare ipotesi e teorie per verità inconfutabili. Qui occorre rammentare che le stesse teorie sono schemi interpretativi della realtà, passibili di essere corretti e superati, falsificati per dirla alla Popper. Le teorie sono un po’ come le mappe rispetto al territorio che esse rappresentano. E’ corretto considerarle per quel che sono, ossia dei disegni concettuali anche raffinati, ma non esaustivi della realtà.

Del tutto archiviato il neo-darwinismo per le sue numerose e gigantesche falle, la stessa teoria della relatività di “Einstein” è contestata da alcuni specialisti.

In questi ultimi tempi la teoria del Big bang comincia a traballare: essa è in contrasto con un’altra, quella dell’inflazione, ossia l’universo pare ingrandirsi ad una velocità sempre maggiore. Ora, se l’idea della grande esplosione fosse corretta, il ritmo d’espansione del cosmo dovrebbe diminuire, per il principio dell’entropia. Se ciò non avviene, qualcosa non quadra ed un paradosso si aggiunge ad altri paradossi. Non solo, una deflagrazione iniziale dovrebbe aver prodotto un cosmo (dal greco kòsmos, ordine) caotico, non armonioso come quello esistente.

Gli scienziati si stanno ancora arrovellando per accordare l’elettromagnetismo, l’interazione nucleare debole e la nucleare forte con la gravità. Se si dovesse (ri)scoprire una quinta forza (l’etere), quale immane impegno concettuale attenderebbe i ricercatori!

Se infine si ammettesse che non tutto è materia-energia, ma che ad essa soggiace un quid spirituale, reputeremmo scienziati tanto esaltati come infanti che vagiscono.

(1) E’ naturale che non ci riferiamo qui all’astrologia vera, intesa come scienza simbolica e tradizionale, non vincolata alle coordinate empiriche.

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