16 giugno, 2015

La sorgente del linguaggio



L’evoluzionismo ha contaminato quasi tutti i campi del sapere: così anche in Storia si insegna che da culture antiche molto primitive si svilupparono nazioni sempre più progredite. E’ un dogma assai diffuso, ma che si scontra almeno con la questione inerente all’origine delle lingue.

Gli idiomi primigeni (sumero, sanscrito, le lingue precolombiane etc.) erano di una complessità incredibile a tal punto che dubitiamo si possano attribuire a rozze comunità di cacciatori-raccoglitori o alle prime civiltà urbane.

Se la genesi degli alfabeti (Giovanni Sermonti opina che essi richiamino i glifi delle costellazioni) è un grosso problema, la scaturigine dei sistemi linguistici ci pone di fronte ad un nodo di Gordio. Pensiamo al sumero, al suo impianto nominale e verbale, includente l’ergativo, ossia la funzione sintattica del complemento d’agente; pensiamo al greco antico la cui compagine verbale presenta innumerevoli articolazioni; pensiamo a molte parlate dei nativi americani, contraddistinte da particolarissimi, inusuali rapporti tra locutore ed azione… Gli esempi sono innumerevoli e ci consentono di comprendere che, con il passare del tempo, le lingue, quando non si estinguono, si impoveriscono sotto il profilo strutturale e semantico, smarrendo costruzioni, sfumature, rinvii al referente, significazioni metaforiche, simboli... [1]

Così il latino passò da otto casi a sei per perderli tutti, se si eccettua qualche “relitto”, quando si trasformò e si ramificò nelle lingue romanze. Oggi nell’inglese sopravvive il genitivo sassone, a fronte di un substrato molto più ricco, un substrato formato da varie declinazioni, tre generi e tre numeri.

Perché le lingue subiscono questo declino, una decadenza che corrode tutte le cose? In primis, esse assomigliano agli utensili: se li adoperi, si rovinano. Come gli utensili, è importante che facciano alla bisogna; pazienza se non sono belli. E’ indispensabile comunicare: se oggi molti riescono a comunicare attraverso un inglese corrotto ed ipersemplificato, l’obiettivo è conseguito. Il fine è quello di trasmettere e ricevere informazioni, dati. Al giorno d'oggi si inviano e captano messaggi, ma non ci si esprime, non si entra in contatto con l’interlocutore: i codici attuali ci confinano nel silenzio assordante dell’egomania, del non ascolto, dell’introflessione autistica.

Il processo di degenerazione glottologica trascina con sé la perdita di valori, sensi, rimandi, slanci creativi che paiono rivelare la vera matrice del linguaggio umano (?) non costruito per piatti fini di comunicazione denotativa, ma forse ereditato da “messaggeri”, da geniali creatori intenti ad auscultare soffi spirituali.

“In principio era il Logos” è scritto nell’incipit del Quarto Vangelo: il Logos pare qui l’essenza stessa del reale. L’essere si manifesta nel suono, nella parola che è al tempo stesso, in guisa del tutto misteriosa, vibrazione, idea, oggetto.

Dunque se riuscissimo ad udire il suono della vera sorgente del linguaggio, potremmo intravedere pure il principio del mondo, come chi, avvicinandosi ad una cascata, ne ode prima lo scroscio argentino. E’ un’opportunità che, però, oggi più che mai ci è del tutto preclusa.

[1] Non concordo con chi assimila l’inglese alla neo-lingua di Orwell: sebbene l’inglese odierno presenti un sistema morfo-sintattico per molti versi schematico, nel contempo ha mantenuto alcune “prelibatezze” grammaticali come l’aspetto del verbo e la duration form. Certo, l’establishment che si prefigge il livellamento in ogni settore umano, non risparmia l’attacco alle residue anomalie dell’idioma inglese.

Articolo correlato: Il mistero del linguaggio, 2015

Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

8 commenti:

  1. Anche questo fa parte del processo (voluto) di imbrutimento dell'essere umano che viene a perdere un'altra parte di sé, erede di tradizioni, storia, folklore e fonte d'orgoglio, almeno per quel che mi riguarda.
    Invece anche il linguaggio è caduto vittima del "tutto e subito", della logica dell'essenziale e del superficiale.
    E questo perverso gioco gode di forte plauso da parte del gregge che si scaglia con arroganza ed aggressioni verbali contro chi, con umiltà, non certo con saccenza, osa far notare imprecisioni ed errori.
    Nel mio piccolo non mi ritengo infallibile, anzi, e reputo occasione di crescita e miglioramento chi, con modi garbati e proprietà culturale mi faccia notare i miei sbagli.
    Dove stiamo andando, come ci stiamo riducendo?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, è uno dei tanti segni di questi tempi finali. Stiamo scivolando verso l'abisso. L'abbrutimento non risparmia alcun campo.

      Ciao

      Elimina
    2. Ciao, è vero. Anche nei quotidiani non si sono mai visti tanti errori di forma, sintassi e ortografia. Altro che errori di battitura, siamo diventati una società clientelare che fa della beata mediocrità uno standard. Ora il punto non è sbagliare - il che capita a tutti - ma la totale mancanza d'interesse verso un 'buon comunicare'. Perfino la dizione dei 'moderni giornalisti' è divenuta qualcosa d'inascoltabile. Stiamo diventando macchine, sterili e grigie. Forse l'obiettivo è arrivare al linguaggio binario? (piccola provocazione). In effetti le macchine 'più evolute' utilizzano il linguaggio più semplice: il sistema operativo s'interfaccia al linguaggio macchina esadecimale che viene poi tradotto in bit dall'hardware. 0 e 1, ai minimi termini, come il telegrafo: con due simboli è possibile comunicare. Un po' come il soldato risponde: affermativo / negativo. La creatività mal si sposa con questa società filo-transumanista, e come si evince dall'articolo e dai commenti, l'impoverimento della lingua sembra proprio lo specchio del depauperamento dell'essere umano.

      Elimina
    3. E' esemplare quanto scrivi, Emanuele. Vero: la creatività è aborrita dal sistema, perché essa è sinonimo di libertà, di slancio, di intuizione. Un essere umano degradato può solo balbettare: l'aveva già denunciato Leopardi.

      Ciao

      Elimina
  2. Il linguaggio rientra in quel processo di progressivo e totale impoverimento e decadimento descritto più di tremila anni fa nelle sacre scritture induiste e nei Veda: è l'epoca del Kali Yuga - l'epoca del demone Kali - "un'era oscura, caratterizzata da numerosi conflitti e da una diffusa ignoranza spirituale" - definita anche l'età del lupo.

    Nel mondo tradizionale primigenio è il "suono" il primo atto creativo e sacro da cui procede la luce.
    Questo è affermato con chiarezza ancora oggi nel mondo del Buddhismo tibetano e, più vicino a noi, in quello giudaico dove nella Kabala è scritto che conoscere il suono sacro di Jehve consente di creare da nulla l'universo intero.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ottima postilla, ciceruacchio.

      Sì, viviamo (viviamo?) nel Ragnarok. In molte culture il suono è considerato primigenio e creatore, anche se in alcune si ritiene essere l'Idea principiale.

      Ciao

      Elimina
  3. Potrebbe sembrare inappropriato lo spunto che propongo, mio personalissimo esempio della forza che racchiude la parola (il verbo) : Nei sogni, specie se spiacevoli, nn si riesce mai a parlare,mai capitera' di sentire il proprio timbro di voce- Nel momento stesso in cui si prova a parlare nn si riesce a farlo e ci si sveglia- E' un concetto molto semplice ma per esprimerlo servirebbero troppi caratteri, se vi capitasse un incubo ,cercate la vostra forza nella parola, questo risolvera' ogni cosa-

    RispondiElimina
  4. Osservazione molto acuta ed intrigante la Tua, Alex. The power of word dunque.

    Ciao

    RispondiElimina

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.

AddThis

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...